È solo calcio? No, è anche romanzo popolare di: Giorgio Barberis

Ancora non ci riesco.

È passata una settimana abbondante, ma fatico tuttora a trovare le parole giuste per dare forma e sostanza al flusso di emozioni e di pensieri esplosi con il rigore di Matteo Rubin che ha portato i Grigi in serie B. Dopo quasi mezzo secolo. Io avevo un anno quando l’Alessandria è retrocessa in terza serie, senza più risalire. Decenni passati sugli spalti del “Mocca”, da ragazzino insieme a mio padre (che la finale l’ha vista in tv) e ai miei zii (e chissà se pure in cielo si gioisce per un goal..), con gli amici negli anni del liceo, poi con mio figlio ‒ in un passaggio generazionale comune a tante famiglie “mandrogne” ‒ e, infine, in punta di piedi, in tribuna stampa, accanto alle firme storiche del giornalismo sportivo alessandrino, a curare la rubrica “Materia grigia” di Alessandrianews, con l’intento, forse troppo ambizioso, di coniugare l’amore incondizionato per la filosofia e per il meraviglioso giuoco del calcio.

Una passione forte, quella per il pallone, che non è soltanto un “gioco”, appunto, ma è anche, e soprattutto, romanzo popolare, esperienza culturale ed estetica (talora di grande intensità), senso di appartenenza, e chissà cos’altro ancora. Diceva bene Pier Paolo Pasolini in una nota intervista all’Europeo: «Il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. È rito nel fondo, anche se è evasione. Mentre altre rappresentazioni sacre, persino la messa, sono in declino, il calcio è l’unica rimastaci». Una passione fortissima pure quella per la nostra maglia, unica al mondo, grigia come i nostri autunni, e bella come sa essere la nostra città, al di là dei mugugni di chi vi abita (anche se talora giustificati).

Impossibile descrivere lo stato d’animo al momento dei rigori. A tutti i tifosi sono passati davanti anni, lustri, decenni di sofferenze. Su tutto ‒ almeno per quel che mi riguarda ‒, quell’altro 17 giugno, di quattro anni prima. La sconfitta nella finale di Firenze con il Parma e il mesto rientro in città. Temevamo che anche questa volta il fato fosse avverso. Ma aveva ragione il mio amico don Gallo, maestro di vita e mirabile prete anarchico, che citando Erri De Luca ricordava: «Invincibile non è chi sempre vince, ma chi mai si fa sbaragliare dalle sconfitte, chi mai rinuncia a battersi di nuovo». Chi continua a crederci. Chi non si fa piegare, chi non smette di lottare, di sperare, di amare, nonostante tutto. E se il calcio è metafora, siamo di fronte a una grande, grandissima lezione di vita. Don Chisciotte perde sempre, ma non si arrende mai. E poi, qualche volta, per puro caso o forse per sbaglio, vince pure…

Questa volta è toccato a noi. Gasbarro che calcia fuori l’ultimo rigore dei patavini e l’apoteosi finale. L’urlo liberatore. Corale. Bellissimo. Gli abbracci, l’invasione di campo (e pazienza se è poi arrivata una multa ingenerosa; la si salderà senza troppi patemi), la gioia che inonda le vie e le piazze di Alessandria, che per una notte sembra una città del sud traboccante di vita e di passione.

Sono andato anche io a festeggiare per le vie del centro. Ma ero disorientato. Continuavo a chiedermi se stava succedendo davvero. E ho scoperto che era una sensazione diffusa. Avevo quasi il desiderio di isolarmi, di raccogliere i pensieri, di meditare sul tempo che è passato, assaporandone ogni istante, e a immaginare il tempo che verrà. Una sensazione strana. È solo una partita di calcio, certo. Ma no, non è mai, soltanto una partita di calcio. È vita. È storia, di tutti e di ciascuno.

Io la storia la studio per passione e per mestiere. E penso a quanta vita, a quante storie si sono intrecciate sul campo e sugli spalti dello stadio Moccagatta in questo mezzo secolo. Penso alla pandemia, al tempo difficile che dobbiamo attraversare. Alla speranza di essercelo lasciato alle spalle. A come sia bello e intenso questo momento di gioia collettiva. Penso agli sforzi della società, finalmente ripagati. Al contributo decisivo di un mister vincente e di un direttore sportivo che ha davvero i Grigi nel cuore. Penso a tutti i tifosi, uniti idealmente in un grande abbraccio collettivo. Penso a chi non c’è più. A chi invece arriverà per perpetuare nel tempo questo straordinario rito laico. E penso pure a chi, legittimamente, non capisce l’amore insensato per il football, ma vive di altre passioni. Va bene tutto. L’importante ‒ credo ‒ è lasciar spazio alle emozioni, e non solo alla ragione.

A me, e a tanti come me, è capitato per ventura ciò che succedeva anche al buon Gianni Mura, inarrivabile e compianto maestro di giornalismo. Egli, con quella sua straordinaria ironia, citava spesso una bellissima frase dello scrittore iberoamericano Eduardo Galeano: «Come tutti gli uruguayani avrei voluto essere calciatore. Giocavo benissimo ma solo di notte, mentre dormivo. Durante il giorno ero il peggiore scarpone mai apparso sui campetti del mio Paese». Ma un goal, prima o poi, lo possono fare tutti…

Ora i Grigi sono in serie B ! Nuovo tessuto per la trama dei nostri sogni. Si inizia il 20 agosto. Non vediamo l’ora.

 

Sistema proporzionale e democrazia di Tomaso Montanari

Com’è possibile che una democrazia anteponga gli interessi di pochissimi a quello di (quasi) tutti? Domanda ingenua, ma necessaria: capace di guardare alla politica con quello inesorabile sguardo infantile che costringe ad andare alla sostanza ultima delle cose, denunciando la nudità del re.

Ebbene, perché in un’Italia in cui, dopo un anno di pandemia, aumentano contemporaneamente, ed esponenzialmente, sia le file davanti alle mense dei poveri sia gli ordini ai cantieri dei superyacht, non si riesce a varare una legge patrimoniale, una tassazione severa delle grandi proprietà immobiliari, una vera tassa di successione per i grandi ricchi? La risposta è brutale: perché, in verità, siamo un’oligarchia.

Una realtà plasticamente rappresentata dal governo paternalista Draghi-Mattarella, ma vera ormai da tempo. La maggioranza degli italiani non è rappresentata dal sistema istituzionale: sono fantasmi politici non solo quelli che non votano più (avendo comprensibilmente perso ogni speranza di giustizia), ma anche quelli che votano, e vengono traditi da leggi di ispirazione maggioritaria che truccano i numeri del Parlamento in nome di una governabilità comunque mai davvero raggiunta, come ognuno vede.

Il risultato finale di questa lunga stagione maggioritaria non è nemmeno il primato degli esecutivi sui parlamenti (che è comunque un dato di fatto, dai Comuni alle Regioni allo Stato), ma quello dei blocchi di capitale e privilegio sull’interesse generale. Semplicemente, l’interesse collettivo non trova nessuno spazio politico: e se la patrimoniale è l’esempio principe, mille altri si potrebbero citare, dalla progressività fiscale tradita, al sistema sanitario, e a quello dell’istruzione, demoliti.

È da questa ineludibile constatazione che prende il via il famoso sentimento anti-politico, inteso come un senso di rigetto verso un sistema in cui la Lega e il Pd vogliono lo stesso sistema elettorale. Salvini da una parte, Prodi e Veltroni dall’altra: tutti invocano il maggioritario, il bipolarismo. E le prime parole di Enrico Letta vanno nella stessa direzione: il Pd sembra tornare ai fantasmi letali della “vocazione maggioritaria” (che in realtà si è tradotta in una vocazione al governismo senza mai vincere le elezioni). Un tradimento grave, dopo i solenni impegni presi da Zingaretti al momento del suo sofferto “sì” al referendum sul taglio dei parlamentari. Proprio questa riforma offre un’ulteriore ragione, urgente e drammatica, per tornare subito a un proporzionale vero (cioè senza soglie di sbarramento e con circoscrizione unica nazionale): con il combinato disposto tra riduzione dei parlamentari e Rosatellum (o Mattarellum), una maggioranza parlamentare (ma minoranza nel Paese) può prendersi tutti gli organi di garanzia democratica, e addirittura cambiare la Costituzione senza passare dal referendum (i meccanismi di tutela della Carta, a partire dall’articolo 138, funzionano solo col proporzionale). In questo momento (stando a credibili sondaggi) quella maggioranza toccherà alla Destra estrema (scenario da brividi), ma sarebbe inaccettabile anche se i numeri premiassero una (al momento inesistente) Sinistra. Perché il punto è la tenuta dello stesso sistema democratico.

Può sembrare perfino bizzarro parlare di legge elettorale mentre siamo tutti a seguire con il fiato sospeso l’andamento delle vaccinazioni che potrebbero liberarci dalla pandemia: ma proprio la pandemia ha strappato l’ultimo velo a una bancarotta della politica che impedirà di fatto qualsiasi ricostruzione che non sia il semplice ripristino dello stato delle cose.

E allora, se almeno una parte del Movimento 5 Stelle e del Pd avvertono il disagio di governare con Salvini nel governo delle banche e delle mimetiche, la via maestra per costruire una via di fuga da questo permanente game over della politica è proprio un accordo per una legge elettorale proporzionale. Piero Calamandrei diceva che nella Costituzione è racchiusa una «rivoluzione promessa»: se vogliamo darci una possibilità di mantenere quella promessa, l’unica strada realistica è riportare i cittadini nella politica. Cioè tornare a votare un Parlamento che rappresenti l’interesse generale: un Parlamento proporzionale.

Sblocco dei licenziamenti, a Torino i sindacati scendono in piazza contro il Governo

“Chiediamo qui oggi che ci sia la proroga del blocco dei licenziamenti”, a dirlo è Maurizio Landini, segretario generale della CGIL, da Torino come riportato dall’agenzia di stampa ANSA. “Chiediamo che il Governo faccia questo atto di attenzione verso il mondo del lavoro. È il momento di unire non di dividere e non è il momento di ulteriori fratture sociali”.

Dove ci porta il Piano

Dove ci porta il Piano?

Abbiamo un Piano. Anzi, addirittura un Piano quinquennale (!): 2021-2026.

Forse non abbiamo riflettuto abbastanza su questo fatto. O su questo nome. E su questi tempi: già, perché in Italia, nel 2023 (se non prima) si vota. Ma i tempi del Piano sembrano indifferenti, o preminenti o soverchianti, rispetto a quelli della democrazia. Siamo passati, anche formalmente, dalla democrazia alla tecnocrazia?

O ancora (sia detto con ironia): siamo forse passati dall’economia di mercato all’economia di piano? Certo che no: pare che l’idea — anzi, il vero piano — sia restaurare attraverso l’attuazione del Piano il dominio del mercato. Lo dicono le parole stesse del titolo: «Ripresa», termine consueto nel discorso sui cicli del capitalismo; e «Resilienza», termine scientifico inconsueto nel discorso pubblico, anzi fastidioso neologismo mediatico, il cui significato nel nuovo contesto extra-scientifico è forse quello involontariamente rivelato dalla Presidente della Commissione europea in un improvvido commento recente, perla di ingenuità e ignoranza: quando ha citato il celebre motto del Gattopardo, «tutto deve cambiare perché tutto ritorni come prima», intendendolo come l’indicazione di una fulgida mèta, anziché la mesta enunciazione di una filosofia pessimistica della storia.

Ma che cosa dice davvero il Piano? Che cosa bolle in pentola? Insomma: dove ci porta il Piano? La Scuola per la Buona Politica di Torino e Volere la luna hanno promosso un’iniziativa congiunta per aiutarci a capirlo. Abbiamo chiesto a un gruppo di studiosi di leggere le varie parti del Piano, le cosiddette «missioni», e i documenti finora disponibili di alcune delle «Riforme» ad esso collegate, per cercare di scorgere che cosa si sta preparando per il nostro futuro.

 

Scuola per la Buona Politica di Torino – Volere la Luna
DOVE CI PORTA IL PIANO
il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza:
letture e discussioni

mercoledì 30 giugno – 18.00-20.00
Digitalizzazione e innovazione, Luciano Paccagnella
Transizione ecologica, Angelo Tartaglia
Inclusione e coesione, Chiara Saraceno
collegamento zoom: https://us02web.zoom.us/j/82870098185?
pwd=QzZNMjY5N0VoWTNmdHpiQnBZb2tKdz09

mercoledì 7 luglio – 18.00-20.00
Infrastrutture, ambiente e patrimonio culturale, Tomaso Montanari
Salute, Nerina Dirindin
Riforma del sistema giudiziario, Nello Rossi
collegamento zoom: https://us02web.zoom.us/j/88004801884?
pwd=ekYwZ1I1bERPZ2VaQ0Fka1R6RnBoQT09

mercoledì 14 luglio – 18.00-20.00
Istruzione e ricerca, Andrea Ranieri
Riforma della Pubblica Amministrazione, Vincenzo Cerulli
Riforma del lavoro?, Maria Vittoria Ballestrero
collegamento zoom: https://us02web.zoom.us/j/84816398056?
pwd=YW92dnRScnE1aUNkNTg1NkhDNy9jQT09

mercoledì 21 luglio – 18.00-20.00
Tavola rotonda – Il Piano, la tecnica, la politica
Maurizio Franzini, Elena Granaglia, Luigi Pandolfi, Livio Pepino, Gianfranco Viesti
collegamento zoom: https://us02web.zoom.us/j/82152994453?
pwd=OUhyRi9Ob2VyOWtSelhiTkcwQkhPdz09
Tutti gli incontri possono essere seguiti in streaming sul canale Youtube di Volere la Luna:
https://www.youtube.com/c/AssociazioneVolerelaluna

 

Paesi tuoi di Lino Di Gianni

Paesi tuoi
Di che colore sono
i pomodori nell’ orto
nel buio della notte ?
Quale buio di quale
notte ti fa attraversare
un mare, in equilibrio
instabile. Col giubbotto
di salvataggio bucato,
senza saper nuotare
Con i tuoi figli !
In quale oscurità
attraversare la montagna
coi latrati dei cani che
ti inseguono nella Storia?
Baba, mia nonna, mi raccontava
di quando i viandanti si accoglievano
con the alla menta nei bicchierini
E i pomodori rosseggiavano
nei tramonti
lGiugno 2021
Lino Di Gianni è nato a Torino, dove vive. Ha insegnato 20 anni nelle scuole elementari delle barriere operaie. Da diciassette anni insegna agli adulti di lingue e paesi diversi. Pubblicazioni: due raccolte di poesie con Feaci Edizioni e due libro di racconti:
Carlin (lotte operaie in bicicletta). Edizioni ilmiolibro.it
In Villa nel cartone Edizioni ilmiolibro.it

ll gesto di Lino di Gianni

Il gesto
Sono nato con le montagne
alle spalle e il mare davanti
la mia casa era un divano
che si chiudeva al mattino
I treni che ho visto
non avevano stazioni
qualcuno scendeva
qualcuno si perdeva
qualcuno aspettava
io scrivo dei viaggi
per quelli che si fermano
chi guarda le rose
chi pulisce qualcuno
io affitto parole
tra uno spettacolo e
l’altro
di tutti gesti imparati
col tempo m’è caro
uno facile da tenere a memoria
quello per dire ci vediamo dopo
senza mai dire quando
né dove
lasciando aperta
l’attesa
da ” Permesso di soggiorno”
di Lino Di Gianni – Feaci Edizioni

concorso cinematografico LiberAzioni – le arti dentro e fuori- 1 luglio, alle ore 21,15 al Cinema Massimo

Giovedì primo luglio, alle ore 21,15 al Cinema Massimo (Via Verdi 18, Torino) si dà il via ufficialmente alle iscrizioni per la terza edizione del concorso cinematografico LiberAzioni – le arti dentro e fuori, attraverso una proiezione speciale.

Infatti, a lanciare il concorso, sarà il film Cattività di Bruno Oliviero (2020, 80′) in anteprima regionale che racconta l’esperienza unica del teatro in carcere per un gruppo di detenute del carcere di Vigevano, sottoposte a un regime di Alta sicurezza. Il documentario attraversa il percorso di formazione emotiva, artistica e professionale di donne segnate da esperienze estremamente dure e faticose, condotto da anni con grande rigore e umanità dal regista Mimmo Sorrentino che accompagnerà Oliviero per la presentazione del film in sala. Modera l’incontro Valentina Noya, progettista dell’Associazione Museo Nazionale del Cinema e direttrice di LiberAzioni festival. Ingresso a 5,00 Euro.

Il senso del film-documentario Cattività – dichiara il regista Bruno Oliviero – si produce seguendo, all’interno delle giornate di uscita che hanno vissuto le detenute dell’alta sicurezza grazie allo spettacolo sulla loro infanzia, i dettagli del modo in cui reagiscono di volta in volta a queste “giornate particolari”. I loro stupori per l’accoglienza che ricevono, i loro modi per difendersi dalle troppo emozioni, le loro durezze, il rapporto che cresce ad ogni uscita con le loro guardie, il loro essere quasi stordite dal rapporto che instaurano con il pubblico o con le persone che vogliono imparare da loro come fare teatro. La regia è il risultato della scelta di filmare nella loro interezza e lunghezza le “giornate particolari”. Non filmando solo lo spettacolo ma ciò che accade nelle pause, negli interstizi degli spettacoli e delle incombenze carcerarie. Momenti nei quali si registra, man mano che il film va avanti, qualcosa di sempre più doloroso mentre i loro occhi scoprono l’enormità della normalità del fuori.

Il concorso cinematografico è parte del progetto LiberAzioni – festival delle arti dentro e fuori, nato con l’intento di sollecitare e promuovere la creatività attorno al tema del carcere e della pena e in particolare creare – attraverso una serie di percorsi, laboratori ed eventi culturali – opportunità di incontro, conoscenza e scambio tra chi in carcere vive e il territorio che il carcere ospita.

Il progetto si svolge a Torino e ha un respiro tanto nazionale quanto di catalizzatore della comunità locale: le attività culturali previste sono, a livello nazionale, due concorsi, di cinema e scrittura – quest’ultimo esclusivamente destinato a detenuti delle carceri d’Italia – che sfociano in un festival della creatività dedicata ai temi del carcere che si terrà in diverse sedi tra fine settembre e la prima metà di ottobre 2021; a livello locale, nel quartiere Le Vallette, i laboratori esterni e interni al carcere Lorusso e Cutugno, fino al sopraggiungere della prima ondata pandemica, hanno sempre mirato ad aprire il dialogo e incontri tra popolazione locale e popolazione detenuta e durante il difficile periodo di confinamento il progetto ha svolto un importante ruolo di supporto e assistenza ai detenuti in uscita.

Il bando di concorso rimarrà aperto fino al 31 agosto 2021.

Evento facebook: https://it-it.facebook.com/events/609620446670473/

Per maggiori info: liberazioni.torino@gmail.com – https://it-it.facebook.com/liberazionifestival/

 

Grazie per l’attenzione che ci avete finora dedicato.

Lo staff

LiberAzioni – festival delle arti dentro e fuori

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“Impa, la città” di Diego Scarponi, alle 21,30 2 luglio al Beeozanam a Torino

Ogni festival che si rispetti inizia con un bel brindisi, ecco perché, per inaugurare la seconda edizione del beepop fest, vi invitiamo a festeggiare con noi dalle 19:00 all’aperitivo beepop!
Alle 21:30 l’esclusiva proiezione del film “Impa, la città” di Diego Scarponi, un suggestivo sguardo verso la più antica fabbrica recuperata di Buenos Aires, rinata grazie alla forza dei lavoratori che hanno lottato per impedirne il fallimento e la chiusura. Diego Scarponi rimarrà con noi per testimoniare la concretizzazione del “grande sogno collettivo”.
Gratuito con prenotazione obbligatoria.

#beepopfest21 Manifattura documentari /// gargagnànfilmIMPA la ciudad

–>https://www.beeozanam.com/…/proiezione-impa-la-citt%C3…

Adil Belakhdim

Non si deve dimenticare che lo sciopero per cui Adil Belakhdim è morto si svolgeva nel quadro della giornata nazionale di mobilitazione della logistica proclamata da tutto il sindacalismo di base contro gli episodi di “squadrismo padronale” ma anche contro il contratto nazionale di lavoro di recente siglato dai Confederali e considerato, appunto, collusivo. Così come fa male, a chi ha conosciuto la Cgil in altri tempi, sapere che
l’intervento della polizia contro i picchetti dei lavoratori della FedEx TNT di Piacenza che all’inizio di aprile protestavano contro la chiusura, era stato richiesto da esponenti della Camera del lavoro locale, che infatti nei giorni successivi era stata circondata in segno di protesta da centinaia di lavoratori disgustati.

Marco Revelli su Il Manifesto del 19 giugno I Buchi neri del capitalsimo e del sindacato

o

Adil Belakhdim. Disegno di Gianluca Costantini pubblicato  su Il Domani

Immaginare la realtà, conversazioni sul cinema. Marco Tullio Giordana ne ha discusso per Volerelaluna con Edoardo Peretti

 

Gli autori

Marco Tullio Giordana, regista e scrittore, attraverso i suoi film ha raccontato importanti pagine di cronaca dell’Italia contemporanea. Tra le sue opere più acclamate: Maledetti vi amerò (1980), Pasolini, un delitto italiano (1995), I cento passi (2000), La meglio gioventù (2003), Romanzo di una strage (2012).

Andrea Bigalli, prete e parroco fiorentino, è docente all’Istituto Superiore di Scienze Religiose della Toscana e socio dell’Associazione Teologica Italiana. Giornalista pubblicista, è critico cinematografico iscritto al Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani. È referente regionale di Libera.

Marco Tullio Giordana e Edoardo Peretti, critico e giornalista cinematografico ne hanno parlato con noi martedì 22 giugno presso la sede torinese di Volerelaluna in Via Trivero 16.

Ha introdotto la discussione Livio Pepino

qui il link per chi non avesse potuto seguire in diretta
https://www.youtube.com/watch?v=jBHVHVixTnQ
IMMAGINARE LA REALTÀ
Giovedì 3 giugno, per Edizioni Gruppo Abele, è uscito in in libreria Immaginare la realtà. Conversazioni sul cinema,
di Marco Tullio Giordana e Andrea Bigalli.
Un libro-intervista sul cinema italiano nel ‘900 e il suo rapporto con una società in continua evoluzione.
La vocazione del cinema :
«La vocazione mi raggiunse un pomeriggio d’agosto del 1967. Ero andato a vedere Blow-Up di Michelangelo Antonioni infilandomi nel cinema Corso di Milano al primo spettacolo. Ne uscii a mezzanotte, cacciato via dalle maschere, dopo averlo visto quattro volte di seguito». Marco Tullio Giordana racconta così il suo primissimo approccio al cinema. Un rapporto che successivamente lo salvò da un periodo molto triste della sua vita, quando assistette miracolisticamente alle riprese della prima scena di Ultimo tango a Parigi di Bertolucci.
Per Giordana «è difficile separare il cinema dalle persone che lo incarnano», e in Immaginare la realtà racconta con dovizia di particolari tanto la nascita di alcuni dei suoi più grandi successi – La meglio gioventùI cento passiRomanzo di una strage, per citarne alcuni – quanto il loro rapporto con la società, il contesto culturale e anche politico in cui essi presero vita.
Immergersi nell’immaginazione«In ogni film c’è in filigrana, la società, il Paese, la grande Storia maiuscola – si trova a raccontare il regista rispondendo al critico cinematografico Andrea Bigalli – ma c’è sempre, ed è quello che a me importa di più, la storia minuscola, quella dei personaggi che agiscono o, soprattutto, ne sono agiti». Proprio nel solco di questo rapporto biunivoco nascono gran parte dei suoi film, a volte definiti politici, anche se «Quando definiscono i miei film  “politici” non esulto, anzi. Non lo sono per niente, meno che mai nel senso militante o predicatorio del termine». Perché Giordana racconta le storie dei vinti, dei dimenticati, dei piccoli, «gli ultimi della fila, quelli che in foto vengono sempre sfuocati».Non manca, in questa lunga intervista, il suo rapporto con la televisione, con la cultura italiana, anche con la politica. E un intero capitolo dedicato a mafia e antimafia, con una trattazione estesa di I cento passi ma anche di altri progetti, come Lea e Due soldati.Un dialogo di ampio respiro sul Marco Tullio Giordana regista e sceneggiatore, una lettura ispiratrice per tutte le persone appassionate che nutrono speranza in un futuro dove il cinema possa ancora contribuire a leggere e comprendere la realtà. Una vera finestra sul mondo dell’immaginazione cinematografica, non a caso impreziosita da foto di scena tratte da molti dei suoi film: un altro modo per immergere totalmente il lettore e spingerlo a immaginare la realtà.