Per tutto il periodo natalizio,  fino al 3 Gennaio, Torino spiegherà ai suoi cittadini cos’è l’apartheid israeliano.

Buonasera,
dopo Firenze, che nel settembre scorso grazie agli attivisti della Rete – Firenze per la Palestina ha realizzato una campagna di sensibilizzazione attraverso l’affissione di manifesti alle pensiline delle fermate dell’autobus, anche Torino dice NO all’apartheid israeliano con la stessa modalità.
Qui di seguito trovate il comunicato di INVICTAPALESTINA che ha deciso di replicare la Campagna.
In allegato trovate le foto.
Vi ringraziamo anticipatamente per la diffusione.
Cordialmente,
Angela Mori
(per conto di Invictapalestina)
Comunicato Stampa
Per tutto il periodo natalizio,  fino al 3 Gennaio, Torino spiegherà ai suoi cittadini cos’è l’apartheid israeliano.
Grandi schermi luminosi posti alle fermate dell’autobus mostreranno un messaggio chiaro e semplice sul sistema di oppressione messo in atto da Israele nei confronti dei palestinesi.
I manifesti affissi invitano ad approfondire l’argomento attraverso i QR CODE che in pochi secondi permettono di visualizzare un video eccezionale e il rapporto che denuncia l’apartheid: entrambi realizzati da AMNESTY INTERNATIONAL
Grazie alla Rete – Firenze per la Palestina che ha dato via al progetto, a Matteo Olivieri che ne ha curato la grafica, alle nostre integrazioni, alla matita di Gianluca Costantini e ai generosi contributi economici arrivati da tutta Italia al nostro gruppo INVICTAPALESTINA, altre tre città,  sono in attesa di continuare l’esperienza  riproposta a partire da oggi 21 dicembre  a TORINO.
Un progetto realizzato per non DIMENTICARE ma per continuare a DENUNCIARE “il crudele sistema di dominazione” israeliano che si chiama APARTHEID.
INVICTAPALESTINA

UN NATALE D’IDEE

UN NATALE D’IDEE 

“Cliccando qui potrete vedere il nostro catalogo https://asf-piemonte.org/un-natale-didee/

ROMPERE LA GABBIA EUROATLANTICA PER FERMARE LA GUERRA INTERNA E QUELLA ESTERNA

– Mercoledì 14 dicembre, ore 18.00
– Via Trivero, 16 (Volerelaluna)
Interverranno:
Giacomo Marchetti, Rete dei comunisti
Guido Ortona, economista e docente
Paolo Prieri, Presidio Europa del Movimento No Tav
BDS Torino
Cambiare Rotta Torino
//////////////////////////////////////
ROMPERE LA GABBIA EUROATLANTICA PER FERMARE LA GUERRA INTERNA E QUELLA ESTERNA
Mentre i suoi aguzzini lo condannavano nel tribunale speciale Antonio Gramsci dichiarò con coraggio e lungimiranza: “Il fascismo porterà il paese alla rovina, spetterà ai comunisti ricostruirlo”.
Nel momento peggiore, uno dei più lucidi dirigenti comunisti non lanciava solo la sfida ai suoi nemici che in quel momento disponevano delle chiavi della sua cella, ma indicava il ruolo generale dei comunisti nella ricostruzione di un paese e della sua società in rottura e alternativa al quadro esistente. Il ruolo dei comunisti nella Resistenza, nella ricostruzione del dopoguerra e nella stagione dell’antagonismo di classe degli anni Settanta li hanno visti all’altezza della situazione.
Le conseguenze della restaurazione capitalista a livello mondiale, la controrivoluzione globale, la dissoluzione delle esperienze statuali socialiste, venti anni dell’egemonia globale del capitalismo, hanno riportato all’indietro la ruota della storia, fino a quando la storia si è rimessa in marcia riproponendo e accentuando tutte le contraddizioni irrisolte e i limiti del Modo di Produzione Capitalista.
I punti di caduta dell’intero sistema dominante hanno visto intrecciarsi sia la crisi irrisolta dell’economia capitalista dagli anni Settanta a oggi, sia la rottura della mondializzazione realizzata negli ultimi trenta anni come tentativo di fuoriuscita dalla crisi del Modo di Produzione Capitalista. La tendenza alla guerra come scenario terminale della crisi è tornata ad essere una possibilità reale a ottanta anni dalla Seconda Guerra Mondiale.
Siamo dentro un salto di fase storica, una rottura della storia che richiede una conseguente analisi della nuova realtà e una assunzione di responsabilità soggettiva da parte dei comunisti, anche in un paese integrato nella catena imperialista occidentale come l’Italia.
Nei paesi a capitalismo avanzato dell’Occidente – e tra questi l’Italia – sono ben visibili recessione economica e sociale, ricorso alla guerra, infarto ecologico, perdita di credibilità come classi dirigenti e modelli dominanti, che stanno rimettendo in discussione la realtà che abbiamo conosciuto negli ultimi trenta anni.
Dal 1992 gran parte della società italiana ha pagato il prezzo dell’ aspetto economico del “vincolo esterno” sancito dall’adesione al Trattato di Maastricht e poi dai trattati europei successivi e sempre più vincolanti. In pratica, in nome dell’unificazione europea, i gruppi capitalisti più forti hanno consapevolmente scatenato “una guerra all’interno” contro le classi popolari e i settori più deboli dello stesso capitalismo italiano.
Con la guerra in corso in Ucraina adesso la società italiana sta pagando anche il prezzo dell’aspetto politico e militare del “vincolo esterno” rappresentato dall’adesione alla Nato e la subalternità agli USA, scatenando “una guerra all’esterno”, per ora contro la Russia ma di cui la prima sperimentazione è stata la guerra in Jugoslavia.
Incalzati dalla crisi economica, dalla frammentazione del mercato mondiale e dai rischi di guerra, questi due aspetti del “vincolo esterno” sono stati costretti a sincronizzarsi nel Blocco Euroatlantico e i fronti della guerra all’interno e della guerra all’esterno si sono unificati. Le conseguenze sul nostro paese le stiamo vedendo ormai chiaramente: odioso aumento delle disuguaglianze sociali, economia di guerra, militarismo, liquidazione della democrazia rappresentativa, devastazione ambientale, regressione civile e ideologica.
In sostanza l’avventurismo delle classi dirigenti sta riportando il paese alla rovina. Diventa dunque necessario impedirglielo rimettendo in campo una alternativa complessiva di sistema, quella che noi definiamo come socialismo.

dall’album di Lino Di Gianni

L’ insostenibile leggerezza
In ogni relazione amorosa
c’è un momento poetico
in cui seduci te stesso con
una musica immaginata
È la costruzione della quotidianità
che richiede la caparbietà
dell’ allodola per il nido
la fragilità dei materiali
e la fiducia
nella visione del volo
Se cedono le ali
il gorgo cancella
anche il passato
lino di gianni. 9 Novembre 2021
Lino Di Gianni è nato a Torino, dove vive. Ha insegnato 20 anni nelle scuole elementari delle barriere operaie. Da diciassette anni insegna agli adulti di lingue e paesi diversi. Pubblicazioni: due raccolte di poesie con Feaci Edizioni e due libro di racconti:
Carlin (lotte operaie in bicicletta). Edizioni ilmiolibro.it
In Villa nel cartone Edizioni ilmiolibro.it

Beni comuni o beni privati ? di Ezio Boero

Un quartiere di periferia alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso. Una piazza alberata. Qualche passerotto canticchia allegro sui rami. Bambini giocano a pallone sull’erbetta. Un gruppo di vecchiette fanno la maglia sedute all’ombra. Guardano sorridenti gli approcci di due innamorati seduti su una panchina discosta.

Una pallonata colpisce il cesto dei gomitoli. Si levano nell’aria improperi che sollevano l’attenzione dei vecchietti che giocano a carte, separati dalle donne. Dalla piola escono avventori, col bicchiere di barbera in mano, che disprezzano l’acqua della fontanella che fa bella mostra di sé sulla piazza. Anche dalla sede di Partito affacciata sulla piazza escono alcuni militanti che stanno scrivendo un volantino sulla nuova biblioteca da realizzare nel rione. Poi altri, che, nel cortile sul retro della stessa sede, giocavano a bocce.

Le voci si chetano quando arriva un furgone che scarica transenne. Un organizzatore di feste incravattato spiega ai curiosi che la piazza sarà chiusa per due settimane per una festa imprecisata: “non preoccupatevi: lasceremo tutto pulito e doneremo anche una nuova panchina al Comune”. Tutti i precedenti protagonisti della vicenda si assembrano attorno al promotore dell’iniziativa, rivendicando lo spazio pubblico che non deve essere impedito alla frequentazione. Iniziano telefonate verso interlocutori istituzionali imprecisati. Le transenne infine sono ricaricate sul camion. La nuova panchina l’installerà il Comune senza attendere quella donata dal privato. La festa, bella o brutta che sia, la faranno altrove. Sul cemento di un parcheggio.

Un grande parco urbano. Terzo decennio del secolo in corso. Prima c’erano fabbriche, di cui è quasi assente la memoria: le attuali Amministrazioni non sentono più propria quella storia.

Nel parco sono stati piantati anche altri alberi rispetto allo scarno progetto originario. Sembrano soldatini allineati come in una parata di regime oppure coltivazioni di pioppi da falegnameria. Non s’odono canti di uccellini. Le panchine sono poche e scisse dagli alberi. La maggior parte di cemento, senza schienale. Nessun anziano vi si siede: sono scomode e al sole. I bambini sono chiusi in alcune aree gioco. Attorno alle quali vorticano salutisti ansimanti che fanno jogging. Due o tre di loro fanno esercizi in un’area appositamente dedicata a un’ attività ginnica dal nome inglese. Gruppetti di ragazzi vagano con uno skateboard alla ricerca dei loro spazi separati.

Quasi nessuno passeggia nel parco. Coppiette di innamorati non se ne vedono. Nemmeno un campetto per tirare quattro calci a un pallone. Forse sono vietate entrambe le cose. Così come riunirsi per sentire un po’ di musica. La musica la fanno i concerti autorizzati. Ed è molto più rumorosa.

La frequentazione del parco è programmata da un Comitato di gestione, un’agenzia di sviluppo territoriale che raggruppa qualche rappresentante del Comune attorno ai “portatori d’interessi”, non del territorio, ma sul territorio. L’idea è stata quella di mettere a reddito il parco, di far sì che non se ne stia lì infruttuoso ad aspettare risorse per la sua manutenzione. Ma procuri soldi, quantomeno ai privati che richiedono di utilizzarlo. La priorità è data a grandi eventi che facciano conoscere la città a livello internazionale e che portino incassi agli alberghi cittadini. Al Comune, pochi proventi: l’Assessore incaricato ha deciso di scontare loro al massimo la tassa di occupazione di suolo pubblico. Ad esempio, un concerto che occupa gran parte del parco per 15 giorni non paga molto di più, al giorno e al metro quadro, di qualche sopravvissuto della partecipazione dal basso dei cittadini che installa sul marciapiede per qualche ora un banchetto di proselitismo delle sue iniziative. Peraltro malviste da ogni colore di Amministrazioni che si succedono, perché estranee ad essere irregimentate oppure ad entrare in una sana competizione di idee per richiedere contributi pubblici.

Sullo sfondo un grande camion parcheggiato in una delle poche aree verdi del parco scarica centinaia di transenne per rinchiuderne una vasta area dove affluiranno nuovamente migliaia di persone. Per entrare tra le transenne e godere dell’evento si pagherà il biglietto. Se una manifestazione fosse gratuita, si pagheranno le consumazioni. Le pochissime fontanelle adiacenti saranno chiuse, a cura dell’azienda dell’acquedotto comunale, per favorire l’acquisto di care bottigliette in plastica di acqua minerale.

I promotori delle manifestazioni che si avvicendano nel parco pubblico esaltano in ogni dove è data loro la parola, sui giornali o in quelle che una volta erano dibattute riunioni elettive, il valore imprescindibile, e pure ecologico, dell’iniziativa privata che fa conoscere la Città nel mondo e porta la loro cultura nelle desolate periferie. Se pur al prezzo risibile dell’occupazione quasi permanente della gran parte dell’area verde, che di pubblico, e di verde, ha solo più il ricordo.

In cambio dei massicci proventi, loro, gli organizzatori/benefattori che vantano il loro amore sperticato all’ambiente e ai cittadini e al loro benessere, doneranno al parco tre panchine e un gabinetto chimico.

Alcuni rappresentanti del Comune hanno lo sguardo commosso e i lacrimoni negli occhi mentre si fanno fotografare di fronte ad una delle panchine sponsorizzate. Adorano questi benefattori e pendono dalle loro labbra mentre questi insegnano loro come devono gestire la cosa pubblica come fosse un’azienda privata.

Qualche anno più tardi sulle schede elettorali non ci saranno più simboli di Partiti ma i loghi di varie aziende, tra cui scegliere quella che prometterà la migliore promozione del territorio a fini di profitto.

EZIO BOERO

Nato a Torino nel 1954. Laureato in Scienze politiche con una tesi su “Politica dei trasporti e sviluppo urbano: il caso torinese”, ha fatto attività politica, sindacale e ambientalista.

ha pubblicato:

– La Spina 3 di Torino. Trasformazioni e partecipazione: il Comitato Dora Spina Tre VisualGrafika 2011
Da Cittadella industriale a Spina 3: una riconversione incompiuta in Postfordismo e trasformazione urbana  IRES Piemonte 2016
Racconti torinesi. Da leggere in tram, StreetLib 2017
Granata. Una storia di resistenza, StreeLib 2019
Racconti inopinatamente decontestualizzati, StreetLib  2019
– Storia sociale e del lavoro degli Stati Uniti, StreeLib del 2019