Un 25 aprile a Torino, aspettando il 1° maggio di: Livio Pepino

In questo 25 aprile la piazza, seppur rapidamente archiviata dai giornali mainstream, è tornata ad essere protagonista. Non è stata certo l’invasione che, nel 1994, «aprì una fenditura nell’embrione di blocco di destra, staccando sia pur provvisoriamente una Lega bossiana sconcertata da quella reazione dal basso nella sua Milano, dal corpo infetto di una destra in fieri» (https://volerelaluna.it/in-primo-piano/2023/04/24/non-e-un-25-aprile-come-gli-altri/). Ma centinaia di migliaia di persone hanno sfilato, cantato, gridato il loro antifascismo. E, di questi tempi, non è poco, almeno per ricominciare. La destra, che pure aveva preannunciato la propria partecipazione, ha alla fine disertato, almeno in prevalenza, palchi e cortei. Opportunamente ché una presenza non accompagnata da una esplicita critica di ciò che il fascismo ha significato nella storia del Paese e nella vita dei suoi cittadini «non sarebbe stato un riconoscimento dei valori della Resistenza ma, piuttosto, un oltraggio al patrimonio di idee e di princìpi che l’hanno ispirata e animata» (https://volerelaluna.it/allarmi-son-fascisti/2023/02/10/allarmi-son-fascisti-torino-deve-reagire/). Qualche piccola scaramuccia verbale c’è stata, qua e là, ma niente di più.

Un caso particolare, che merita una segnalazione, anche in previsione del prossimo 1° maggio, è quello di Torino. La fiaccolata della sera del 24 aprile ha avuto una partecipazione che non si vedeva da anni e, soprattutto, una marea di giovani. Anche la conclusione ufficiale è stata rigorosa e composta e – come richiesto esplicitamente da molti – senza presenze sul palco di rappresentanze istituzionali con ascendenze fasciste. Non è, peraltro, mancato un momento di tensione di cui non metterebbe conto parlare se non fosse rivelatore, anche, di improvvide scelte delle forze di polizia nelle modalità di gestione dell’ordine pubblico. Una decina di (isolati) provocatori “seriali” si è, infatti, intrufolata nella testa del corteo, e poi sotto il palco, con tre bandiere della Nato. La cosa ha provocato, ben a ragione, qualche contestazione verbale che si è acuita quando un gruppo di giovani di collettivi studenteschi ha tentato di avvicinarsi agli improvvidi nipoti di Gladio. Niente di particolarmente eclatante ma sufficiente a provocare l’intervento di una cinquantina di agenti di polizia in tenuta antisommossa che, invece di isolare i provocatori (evidentemente estranei alla manifestazione e al suo significato) ha manganellato chi li contestava… Fatto di non grande rilievo si è detto – seppur strillato, il giorno dopo, dalle locandine dei giornali torinesi – ma che getta un’ombra sinistra sul prossimo 1° maggio.

A Torino, infatti, la festa dei lavoratori è particolarmente sentita e si sviluppa in un corteo imponente e plurale con la partecipazione vivace e colorata non solo delle forze sindacali ma di tutta la galassia dei movimenti che contestano il sistema sociale e il modello di sviluppo che lo produce. Negli ultimi anni, peraltro, il corteo, è stato turbato da incidenti, anche gravi, conseguenti all’intervento delle forze dell’ordine teso a impedire, con estrema durezza, l’accesso del cosiddetto “spezzone sociale” (composto da centri sociali, forze politiche della sinistra, organizzazioni studentesche e di lavoratori, movimento No Tav e via elencando) alla piazza in cui si tiene il comizio conclusivo. È un fatto grave che segna, tra l’altro, una rottura nel (difficile) processo verso una difesa unitaria dei diritti e delle libertà di tutte e tutti. Per questo nelle scorse settimane il neocostituito Coordinamento Antifascista torinese ha chiesto alle organizzazioni sindacali (promotrici del corteo) di attivarsi presso le forze di polizia al fine di evitare che ciò avvenga anche quest’anno, in un contesto già di per sé assai delicato per la crisi economica, le connesse tensioni sociali e il clima di crescente repressione che si respira. «Non abbiamo mai messo in dubbio – si legge nella lettera del Coordinamento – e non lo facciamo ora che in presenza di reati competa alle forze dell’ordine intervenire per evitarne la prosecuzione ma siamo convinti che l’esercizio delle libertà fondamentali (anche quelle di dissentire e di contestare) sia componente essenziale della democrazia e incontri il solo limite del ricorso alla violenza. Riteniamo, conseguentemente, che siano inaccettabili interventi preventivi di polizia finalizzati ad impedire ad alcuni l’accesso a piazza San Carlo (o ad altra parte del percorso del corteo) e non imposti dalla commissione di reati». In questo contesto l’improprio intervento di polizia al termine della fiaccolata del 24 aprile è un segnale inquietante. L’operato delle forze dell’ordine non è mai casuale (e, soprattutto, non avviene senza input e garanzie di copertura dell’amministrazione centrale e del ministro dell’Interno): il 1° maggio a Torino sarà, dunque, un banco di prova importante delle strategie del Governo in tema di gestione dell’ordine pubblico su cui è fondamentale la vigilanza di tutte e tutti.

Una versione più breve dell’articolo è pubblicata contemporaneamente su il manifesto

 

 

Contro ogni forma di autonomia differenziata

VENERDÌ 28 APRILE 2023 ALLE ORE 18:30 IL FUTURO DELL’EX GKN. Presentazione libro + proiezione

Venerdì 28 aprile ore 18.30 in Unione Culturale (via Cesare Battisti 4b, Torino)
Presentazione del volume Lᴇ ɪᴍᴘʀᴇsᴇ ʀᴇᴄᴜᴘᴇʀᴀᴛᴇ ɪɴ Iᴛᴀʟɪᴀ. Dᴀ ᴜɴ ʟᴀᴠᴏʀᴏ ᴅɪ ɪɴᴄʜɪᴇsᴛᴀ ᴅᴇʟ Cᴏʟʟᴇᴛᴛɪᴠᴏ ᴅɪ ʀɪᴄᴇʀᴄᴀ sᴏᴄɪᴀʟᴇ di Romolo Calcagno e Leonard Mazzone (Castelvecchi, 2022). Con gli autori, intervengono 𝐃𝐚𝐫𝐢𝐨 𝐒𝐚𝐥𝐯𝐞𝐭𝐭𝐢, Collettivo di Fabbrica ex GKN, e 𝐀𝐧𝐢𝐭𝐚 𝐌𝐚𝐫𝐚𝐟𝐢𝐨𝐭𝐢 (avvocata del lavoro, Co.Mu.Net-Officine Corsare)
A seguire, aperitivo a offerta libera e, dalle 20.30, proiezione del documentario E ᴛᴜ, ᴄᴏᴍᴇ sᴛᴀɪ? di Filippo Maria Gori e Lorenzo Enrico Gori con Collettivo di Fabbrica ex GKN (2022, 100′).
Hanno provato a rubare il futuro a più di trecento famiglie con una mail.
Grazie al sostegno di chi è stato al loro fianco, chi ha tentato l’assalto finora ha fallito.
Grazie al nostro sostegno, potrebbero finalmente vincere.
Sᴇ ᴠɪɴᴄᴏɴᴏ ʟᴏʀᴏ, ᴘᴏssɪᴀᴍᴏ ᴠɪɴᴄᴇʀᴇ ɴᴏɪ ᴛᴜᴛᴛɪ/ᴇ.
Ultima data torinese a sostegno della campagna di raccolta fondi a sostegno del piano di reindustrializzazione dell’ex GKN: https://www.produzionidalbasso.com/project/gkn-for-future/
Incontro a cura di Unione Culturale Franco Antonicelli, Co.Mu.Net – Officine Corsare e GRILITS (Gruppo di ricerca su lavoro, industria, tecnologia e scienze umanistiche) dell’Univ. di Torino con il patrocinio del Dipartimento di Studi Umanistici.

In bici contro il cemento

In bicicletta dal parco del Meisino al parco della Pellerina per fermare il consumo di suolo nella nostra città.
Ritrovo alle h14 al Parco del Meisino – cimitero Sassi – e conclusione al parco della Pellerina – ingresso corso Appio Claudio.

22 aprile 2023 – In occasione della Giornata Mondiale della Terra, “RESISTENZA VERDE TORINO” (Comitati uniti per il suolo) organizza una BICICLETTATA per chiedere di FERMARE IL CONSUMO DI SUOLO nella nostra città, soffocata dallo smog, da ondate di calore e dalla siccità estrema. Suolo e aree verdi sono indispensabili per contrastare il cambiamento climatico, riducono ondate di calore, assorbono carbonio e grandi quantità di pioggia, ci consentono di vivere.
Gli alberi, i prati, i giardini, i parchi continuano a scomparire sotto colate di cemento.
E’ ormai scientificamente provato che le zone verdi, esistenti da anni, sono basilari per contrastare il cambiamento climatico; riducono le onde di calore estive, assorbono l’anidride carbonica, limitano i danni delle forti piogge (assorbendone una buona quantita’), creano benessere psicofisico ad ogni essere umano ed animale.
In questa giornata c’è poco da celebrare a Torino, perchè il comune e la regione ci stanno togliendo la terra da sotto i piedi pezzo per pezzo…

PARCO DEL MEISINO: il Comune intende spendere 11,5 milioni del PNRR per installare attrezzature sportive sui prati e nelle parti boscate, un bar, una palestra di arrampicata nelle ex scuderie, senza aver coinvolto la cittadinanza, che invece desidera fruire del parco liberamente e poter vivere qualche ora in mezzo alla Natura. Oltre 6.500 persone hanno già firmato una petizione online contro il progetto che snaturerà per sempre un’oasi di bellezza, ecosistema delicato, rifugio di tante specie animali.

GIARDINO ARTIGLIERI DI MONTAGNA: uno dei pochi terreni vergini rimasti nella Circoscrizione 3 è condannato a sparire insieme a più di 100 alberi sotto una colata di cemento per realizzare l’ennesimo centro commerciale Esselunga, in una zona piena di supermercati, distruggendo l’unica area verde di qualità del quartiere Cenisia-San Paolo.

PELLERINA: in questo parco importante dal punto di vista naturalistico, ricco di fauna e flora, Comune e Regione vogliono costruire un grande nuovo ospedale che occuperà 60.000 mq di terra permeabile, con una decisione presa senza tenere conto del forte dissenso di cittadini, comitati, associazioni ambientaliste, né delle problematiche idrogeologiche e nonostante l’esistenza di aree dismesse nelle vicinanze.

E poi ci sono gli ALBERI, abbattuti a migliaia, per costruire strade e supermercati o in nome della “sicurezza”. Gli alberi adulti sono invece un patrimonio che non può essere rimpiazzato da giovani alberelli che produrranno benefici ecologici tra decine di anni.
RIVENDICHIAMO IL NOSTRO DIRITTO A UNA CITTÀ VERDE, BELLA E COLLETTIVA!

BASTA DELEGHE IN BIANCO A CHI NON RISPETTA LE PROMESSE ELETTORALI E HA IL SOLO OBIETTIVO DEL PROFITTO A SCAPITO DI TUTTI NOI E DELL’AMBIENTE IN CUI VIVIAMO. RIAPPROPRIAMOCI DEL RUOLO DI CITTADINI ATTIVI E CONSAPEVOLI!
Unit* possiamo sconfiggere i predatori della nostra Terra.

Comitati promotori: Salviamo la Pellerina – Salviamo il Meisino – Essenon – Salviamo i Prati – Salviamo il Paesaggio Torino – Difesa del Parco della Pellerina – Salviamo Barca e Bertolla – Assemblea No TAV Torino e cintura – Alberi Urbani – Acqua Pubblica Torino – future parade – climate social camp

 

 

Volere la Luna a congresso, di Livio Pepino

Volere la Luna a congresso

I.

Comincio con una doverosa (seppur sintetica) informazione sullo stato dell’associazione, sulle cose fatte, sulle attività in corso e sulle prospettive.

Siamo allo scadere del quinto anno di vita dell’associazione. Abbiamo iniziato il nostro percorso il 27 marzo 2018 con 29 soci fondatori che sono diventati, ieri l’altro, 768, con 30 nuovi iscritti nel 2023. Di essi sono in regola con il pagamento della quota al 5 aprile – lo dico non per ragioni burocratiche ma per un necessario riferimento al diritto di voto in assemblea, secondo le previsioni dello statuto – 205: alla stessa data dell’anno scorso erano lo stesso numero di 205 (che sono diventati 330 a fine anno). Lo scarto tra gli iscritti e chi è in regola con i pagamenti dipende da molti fattori: la dimenticanza, il fisiologico distacco di alcuni iscritti, la circostanza che il versamento della quota può avvenire lungo tutto l’arco dell’anno etc. Il nostro bacino di riferimento è, peraltro, assai più ampio degli iscritti, almeno a giudicare dal fatto che la nostra newsletter raggiunge 3.284 persone.

La ripartizione territoriale dei soci resta sostanzialmente invariata, con una grande maggioranza (331, quasi la metà) di torinesi o piemontesi. Seguono Lombardia (77), Toscana (73), Lazio (54), Emilia-Romagna (41), Veneto (33) e Liguria (25). Come dico ormai tutti gli anni, se vogliamo darci una dimensione davvero nazionale, dobbiamo radicarci in maniera più omogenea sul territorio, anche promuovendo la costituzione di gruppi locali almeno nelle sedi maggiormente rappresentate (cosa avvenuta da ultimo – e lo sottolineo con grande piacere – a Catania). Segnalo anche che, seppur con piccoli numeri, stiamo diventando internazionali avendo aderenti in Francia (3), Svizzera (2), Belgio, Brasile, Germania, India e Usa.

Il sito, in funzione dal 3 giugno 2018, ha raggiunto, dall’inizio ad oggi, 3.764.747 accessi (dato del 18 aprile) e supera stabilmente le 2.000 visualizzazioni quotidiane. Nell’ultimo mese il picco giornaliero è stato di 3.993. Inseriamo circa 3 articoli al giorno (in realtà il sabato e la domenica ne vengono inseriti meno o non ne vengono inseriti affatto anche perché la newsletter, inviata il venerdì, richiama gli articoli dei giorni precedenti). I collaboratori continuano a crescere e quelli stabili sono una settantina. Da due anni è in funzione anche il sito di via Trivero che stenta, peraltro, a decollare e su cui dovremo fare un investimento maggiore.

Per quanto riguarda l’attività sul territorio, limitata – come si è detto ‒ alla realtà torinese (salvo un paio di dibattiti organizzati dal gruppo catanese): a) la sede di via Trivero è aperta stabilmente il giovedì e il venerdì (oltre che nei giorni in cui ci sono attività specifiche); b) nel 2022 abbiamo organizzato ben 40 incontri politico-culturali (come risulta dalla cronologia predisposta da Roberto Patrucco): tra essi meritano una segnalazione particolare la mostra “Il mondo di Altan” (che ha avuto una partecipazione assai ampia e una significativa eco mediatica) e la Festa di Volere la Luna (che per tre giorni ha visto centinaia di persone impegnate in via Trivero in incontri, dibattiti e momenti di socialità); c) gli sportelli informativi di carattere legale, sanitario e sulla casa hanno continuato a funzionare con un numero telefonico sempre attivo da cui le richieste vengono dirottate ai professionisti competenti. I dati di riferimento sono di 175 accessi di cui 82 (47%) di carattere legale, 14 (8%) di carattere sanitario, 65 (37%) relativi alla casa e 14 (8%) di contenuto vario; d) il servizio di “pasti sospesi” in collaborazione con il circolo dei Sardi A. Gramsci è stato attivo per tutto il 2022, anche se con un numero di interventi inferiore a quello che avremmo desiderato (per i limiti delle disponibilità economiche).

L’assemblea è, anche, il momento di analisi dei bilanci, che saranno illustrati dalla tesoriera e che sono a disposizione al tavolo della presidenza. Sinteticamente, il nostro bilancio consuntivo del 2022 vede entrate di 54.995 euro e uscite di 44.017 euro; quello preventivo del 2023 (redatto, come previsto dallo statuto, a inizio anno) prevede 52.743 euro di entrate e uscite di eguale entità. Le voci di entrata sono essenzialmente le quote associative (ordinarie o di soci sostenitori), le donazioni (in particolare quelle continuative di 30 euro mensili che vanno sotto la voce “un caffè al giorno” effettuate da oltre 30 soci) e i contributi di enti che hanno patrocinato nostre iniziative. Le uscite principali, oltre a quelle straordinarie, sono dovute alle spese per la sede di via Trivero, in particolare il canone di locazione di 3.000 euro annui (per l’esattezza, per i prossimi 7 anni, 6.000 euro con deduzione di 3.000 euro a compensazione delle spese da noi sostenute, forfettariamente conteggiate) e alla gestione del sito, pur limitata alle spese vive e ai rimborsi per chi provvede alle immissioni degli articoli e all’iconografia. I bilanci hanno una consistenza maggiore di quella degli anni precedenti (dell’ordine di 12.000 euro circa sia in entrata che in uscita): si tratta peraltro di una voce particolare e non ripetibile perché corrispondente al campeggio a Riace il cui onere organizzativo è stato integralmente assunto dall’associazione Spostiamo Mari e Monti ma che noi abbiamo co-organizzato assumendo il ruolo di associazione capofila (con conseguente uso del nostro conto corrente, in entrata, per i versamenti dei partecipanti e degli enti che lo hanno patrocinato e, in uscita, per i necessari pagamenti).

La prospettiva di maggior rilievo riguarda la ristrutturazione della palazzina e del capannone su cui siamo in ballo, non per colpa nostra, dal 2020 (e dunque da tre anni). Non sto a relazionarvi sui diversi tentativi e passaggi effettuati in questi anni; mi limito a dirvi che, usufruendo dell’ecobonus e del sismabonus, cedendo il relativo credito di imposta a Intesa San Paolo e godendo di un contributo della compagnia San Paolo per i progetti ritenuti migliori dovremmo riuscire a ristrutturare gli edifici, con opere del valore di oltre 300.000 euro, a un costo prossimo allo zero, mentre è tuttora incerta la possibilità di avere un contributo che consenta la costruzione anche della cucina. A giorni dovremmo avere la risposta definitiva di Intesa San Paolo mentre il contributo di Compagnia San Paolo (di 40.000 euro) è già stato deliberato. Vi terrò, ovviamente, informati dicendo fin d’ora che, nel caso in cui tutto vada a buon fine, i lavori, con connessa indisponibilità della sede, si svolgeranno da giugno a dicembre (termine ultimo per poter usufruire dell’ecobonus). Se, poi, riusciremo a costruire anche la cucina dovremo ricorrere a una raccolta fondi straordinaria (per integrare i 14.000 euro che già abbiamo accantonato). Aggiungo che l’esecuzione dei lavori porterà con sé l’opportunità di negoziare con il Centro Gobetti un prolungamento del contratto di locazione, al momento scadente al 31 dicembre 2029.

II.

Esaurita la parte informativa, passo ad alcune considerazioni sulla situazione politica generale e, in essa, sulle nostre prospettive. Comincio dalla situazione generale su cui mi limito a pochi cenni essendo stata, tra l’altro, oggetto di molti approfondimenti lungo tutto l’anno nel sito.

Teniamo la nostra assemblea mentre:
l’Italia è in guerra (sia pure per interposto Paese) con un coinvolgimento ancor più intenso di un anno fa;
la povertà, la disuguaglianza e gli attacchi all’ambiente crescono in maniera esponenziale, a livello nazionale e nei territori;
– abbiamo, per la prima volta nella storia repubblicana, un governo di conclama derivazione fascista (con un continuo picconamento anche sul piano della cultura e dei diritti civili);
l’involuzione del sistema politico ha assunto dimensioni macroscopiche con la fuga dei cittadini dal voto e dalla partecipazione e l’assenza, a livello istituzionale, di ogni opposizione (ché la sinistra antagonista, sedotta anche da derive personalistiche, resta a percentuali di consenso prossime ai prefissi telefonici di un tempo; la sinistra interna allo schieramento parlamentare si è dimostrata, come era facile prevedere, subalterna o, comunque, irrilevante; il Partito democratico è ormai da tempo una forza centrista impermeabile ad ogni rinnovamento anche nei territori; il M5Stelle ha tenuto a livello di rappresentanza parlamentare ma, nonostante una pennellata di rosa, resta quel soggetto né di destra né di sinistra che ha voluto essere fin dall’inizio, come dimostra, da ultimo, il suo imbarazzo sulle politiche migratorie);
– tutto ciò accade senza che si manifestino, nel Paese, reazioni significative.

Sono cose che ci siamo detti e ripetuti in questi mesi a fronte delle quali mi limito a tre rilievi:
a) la nostra idea di fondo secondo cui bisogna lavorare per un’altra politica a partire dalle relazioni e dai rapporti interpersonali (quell’idea che ci ha portato alla costituzione di Volere la Luna) resta più che mai valida e confermata dai fatti, è condivisa qua e là da altri, ma tarda a produrre significative aggregazioni;
b) non credo che sia per noi possibile partecipare in alcun modo all’impresentabile teatrino dell’attuale politica istituzionale, ma dobbiamo cercare strade almeno per provocare questa politica (senza trascurare fatti nuovi, pur sopravvalutati e non decisivi, come il cambio della guida politica del Pd e il necessario bagno di opposizione dei 5Stelle);
c) l’assenza di opposizione sociale è un fatto conclamato nel nostro Paese ma non in Europa (la cui situazione politica è pur assai simile alla nostra), almeno a giudicare da quel che accade in Francia, in Germania, nel Regno Unito. Credo dovremo capirne le ragioni e muoverci di conseguenza.

III.

A questi (e a molti altri) profili dovrà essere dedicata la nostra riflessione di oggi e dei mesi a venire per definire anche un’azione politica coerente. Per questa azione politica azzardo tre settori di intervento di cui, in verità, già abbiamo parlato negli anni scorsi senza, peraltro riuscire a decollare:
un più accentuato radicamento territoriale: a Torino e, auspicabilmente, in altri contesti. Senza questo radicamento i nostri discorsi resteranno astratti e con scarso impatto sulla realtà. Nel radicamento territoriale comprendo tutto: le attività per così dire sociali (dagli sportelli di consulenza ai pasti sospesi e via elencando), le iniziative politico-culturali, la partecipazione ai momenti di mobilitazione locali o cittadine (sul versante ambientale, a tutela dei migranti etc.). Con la nuova sede, più funzionale e duttile di quella attuale, ci saranno le condizioni materiali per questo salto di qualità ma, come vedremo, non basteranno;
il lancio di alcune “campagne” (contro l’autonomia differenziata, sulla sanità, sul lavoro…) per creare maggior consapevolezza e mobilitazione politica ma anche, insieme, per costruire reti e collaborazioni: con associazioni e movimenti ma anche – se ci saranno – con pezzi di forze politiche e sindacali tradizionali che si dimostrino interessate;
la costruzione di un luogo stabile di approfondimento e confronto politico costruito insieme ad altre realtà del territorio (una scuola di buona politica dal basso che sorregga iniziative di mobilitazione) con il supporto del sito e con quaderni di documentazione che consentano di capitalizzare e di mettere a disposizione le elaborazioni effettuate.

Potrei approfondire e continuare indicando molti altri interventi possibili, sia a livello generale che sul territorio, ma rischierei di ripetere un po’ stancamente cose che – come ho ricordato poco fa – ci siamo detti anche negli anni scorsi. Purtroppo con scarsa utilità: non per difetto di elaborazione ma perché, a fianco dei problemi generali, c’è un problema specifico che sta dentro di noi.

Ho enunciato all’inizio i nostri numeri: di soci, di bilanci, di attività. Sono numeri per molti aspetti positivi, apparentemente incoraggianti. Possiamo vantarli all’esterno ma sappiamo che nascondono una realtà assai più problematica. Per percorrere in maniera coerente e proficua la strada che abbiamo intrapreso ci sono, infatti, due snodi fondamentali e irrisolti: a) il mancato incremento del gruppo delle persone attive, con l’innesto di giovani che portino anche una maggior attenzione e sensibilità ai temi vicini ai loro coetanei e garantiscano il necessario ricambio; b) la mancata realizzazione di esperienze analoghe a quella torinese in altre aree del territorio (di cui si è, a volte, parlato ma che non sono mai decollate, salvo il caso – importante ma ancora limitato e isolato – di Catania). Se non riusciamo a risolvere questi snodi la nostra presenza nel panorama politico e sociale – dobbiamo esserne consapevoli – perderà rilievo ed interesse. Non ho ricette né bacchette magiche ma so che la questione deve essere posta al centro della nostra riflessione e della nostra iniziativa.

Concludo con una considerazione che mi riguarda direttamente. Sono presidente dell’associazione dalla nascita (nel 2018) e sono stato confermato nell’incarico lo scorso anno per un ulteriore triennio. Porterò a termine questo mandato (anche per le molte iniziative attualmente in cantiere, a cui ho in parte fatto cenno), ma non sarò disponibile per altri rinnovi: per tante ragioni, la più importante delle quali è che il rinnovamento bisogna promuoverlo praticandolo (e, come qualcuno ricorderà la mia proposta, pur non condivisa dai più, era quella di porre nello statuto un limite temporale a tutte le cariche di rappresentanza). C’è ancora molto tempo davanti e a qualcuno potrà sembrare prematuro porre ora il problema. Può darsi. Ma, intanto, cominciamo a pensarci, perché le cose vanno preparate e non si può procedere per forza d’inerzia.

È la relazione del presidente all’assemblea nazionale di Volere la Luna del 22 aprile

 

20 aprile 2023 – Presidio davanti alla Questura di Torino contro le prassi illegittime verso gli stranieri

Ad inizio marzo sessanta associazioni e organizzazioni avevano denunciato le gravi violazioni di legge nei confronti delle persone straniere che quotidianamente si rivolgono agli sportelli dell’Ufficio immigrazione della Questura di Torino in Corso Verona ed era stata inviata una lettera alla Questura e alla Prefettura di Torino e all’Alto Commissariato per le Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) in cui si era stilata una lista dei maggiori problemi riscontrati nell’accesso agli uffici di corso Verona  con alcune possibili soluzioni.
II 20 aprile 2023 alle 8.30 davanti all’Ufficio Immigrazione della Questura di Torino in Corso Verona 4, gli avvocati e le avvocate della Sezione piemontese dell’ASGI hanno organizzato un presidio per denunciare pubblicamente le inefficienze e le illegalità che da tempo affliggono questo ufficio.

Documento sul dl Cutro dei sindaci preoccupati sull’accoglienza dei migranti.

ROMA, 16 APR –

“Come sindaci, come amministratori, come cittadini che quotidianamente si impegnano nei territori per cercare di garantire le migliori risposte alle criticità che le nostre Comunità esplicitano, siamo molto preoccupati per le proposte in discussione relative alle modifiche all’unico sistema di accoglienza migranti effettivamente pubblico, strutturato, non emergenziale che abbiamo in Italia”.

Lo affermano in un documento congiunto sul Dl Cutro i sindaci di Roma Roberto Gualtieri, di Milano Beppe Sala, di Napoli Gaetano Manfredi, di Torino Stefano Lo Russo, di Bologna Matteo Lepore, di Firenze Dario Nardella, che danno anche delle proposte concrete.

La preoccupazione delle città è massima a fronte di emendamenti proposti da alcuni partiti al DL 591 dopo le tante evidenze a cui il nostro ordinamento ha dovuto porre rimedio in questi anni. Non bisogna ragionare in ottica emergenziale – scrivono i sindaci – ed è secondo noi sbagliato immaginare l’esclusione dei richiedenti asilo dal Sai, precludendo loro qualunque percorso di integrazione e una reale possibilità di inclusione ed emancipazione nelle nostre comunità. Non condividiamo la cancellazione della protezione speciale, misura presente in quasi tutti i paesi dell’Europa occidentale, mentre circa il 50% dei migranti presenta vulnerabilità ed è in parte significativa costituito da nuclei familiari. Queste scelte, qualora adottate, non potrebbero che procurare infatti una costante lesione dei diritti individuali e innumerevoli difficoltà che le nostre comunità hanno già dovuto affrontare negli anni scorsi, a fronte di un importante aumento di cittadini stranieri condannati appunto all’invisibilità.

Non condividiamo la cancellazione della protezione speciale, misura presente in quasi tutti i Paesi dell’Europa occidentale, mentre circa il 50% dei migranti presenta vulnerabilità ed è in parte significativa costituito da nuclei familiari. Queste scelte- spiegano i sindaci– qualora adottate, non potrebbero che procurare infatti una costante lesione dei diritti individuali e innumerevoli difficoltà che le nostre comunità hanno già dovuto affrontare negli anni scorsi, a fronte di un importante aumento di cittadini stranieri condannati appunto all’invisibilità. Tutto questo mentre il sistema dei Cas, mai uscito da un assetto emergenziale, è saturo e purtroppo inadeguato ad accogliere già oggi chi proviene dai flussi della rotta mediterranea come da quella balcanica. Insufficiente, sia per numeri sia per le modalità d’accoglienza sia per i servizi di accompagnamento, protezione ed inclusione, assenti. E in questo quadro occorre ripensare anche il sistema di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati cui occorre applicare logiche distributive che evitino la concentrazione nelle sole grandi città.

Le nostre città sono infatti impegnate già oggi, spesso con sforzi oltre i propri limiti e frequentemente oltre le proprie funzioni e competenze, a porre rimedio con risorse proprie alle manchevolezze di un sistema nazionale adeguato. La soppressione della possibilità di costruire un unico sistema di accoglienza pubblico, trasparente e professionale (come il Sai), garantendo percorsi dignitosi e tutelanti anche per le persone richiedenti protezione internazionale, non può comportare la nascita di nuovi grandi centri di accoglienza o detenzione nei nostri territori. La storia degli ultimi vent’anni di accoglienza in Italia dimostra chiaramente come modelli emergenziali, con standard qualitativi minimi e volti al mero ‘vitto e alloggio’- continuano i primi cittadini– abbiano procurato ferite enormi nelle nostre comunità e non abbiano garantito diritti esigibili alla popolazione rifugiata. E soprattutto abbiano fallito processi di inclusione efficaci e duraturi”.

LE PROPOSTE DEI SINDACI

Di seguito, le proposte riportate dai sindaci nel documento congiunto:

“sia rinforzata l’unitarietà del Sistema di Accoglienza italiano, valorizzando l’esperienza virtuosa del Sai, ovvero supportando attivamente la rete dei Comuni che quotidianamente affrontano in prima persona le sfide che i movimenti migratori in ingresso sottopongono ai nostri servizi, ai nostri territori e alle nostre comunità. Con un solo obiettivo: garantire percorsi di effettiva inclusione e tutela compatibili con i territori, evitando grandi centri di accoglienza, senza servizi e senza tutele, per tutti. Il Sai rimanga accessibile a richiedenti protezione e rifugiati. I Cas vengano trasformati in hub di prima accoglienza, dedicati alle procedure di identificazione e di screening sanitario per poi procedere a trasferimenti rapidi nel sistema di seconda accoglienza e inclusione, appunto il Sai. Vengano ripristinati i criteri di riparto che il Piano nazionale di accoglienza aveva indicato. In assenza di azioni positive mirate o, peggio, con azioni sbagliate, le ricadute saranno infatti l’irregolarità diffusa o lunghi percorsi di ricorsi giudiziari che paralizzeranno le vite di molte persone inabilitandole e rendendole facili prede del lavoro nero, che invece non manca.

Infine, come Amministrazioni locali, auspichiamo che ancora una volta l’Italia non si contraddistingua per una regressione relativa al sistema di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati: da troppi anni questo tema necessita di una riforma importante e strutturale, che miri ad un equilibrio nazionale del sistema di accoglienza imprescindibile dal coinvolgimento dei Comuni e dagli obiettivi di inclusione, protezione e con una diffusione omogenea a livello nazionale. Siamo convinti, insieme ad altre voci autorevoli, che dopo circa vent’anni e anche alla luce di alcuni temi di strutturale cambiamento demografico e sociale non si debba continuare a parlare di emergenza e che proprio in questo momento occorra la lungimiranza di aprire una discussione per scegliere una via legale all’immigrazione e alla regolarizzazione degli immigrati già presenti in Italia, anche attraverso il ricorso allo ius scholae, premessa a comunità solidali, capaci di proporre percorsi di vera emancipazione e autonomia alle persone nel pieno interesse del nostro Paese”.

Roberto Gualtieri, Matteo Lepore, Stefano Lorusso, Gaetano Manfredi, Dario Nardella, Giuseppe Sala.