Articoli categoria: Cultura

ciao Paolo

Album in studio

  • 1969 – Mio caro padrone domani ti sparo
  • 1974 – Karlmarxstrasse
  • 1975 – I cavalli di Troia
  • 1976 – Lo sconfronto
  • 1979 – Cascami
  • 1981 – Le olive come quelle che dà il bar
  • 1988 – Tarzan e le sirene
  • 1990 – Noi, i ragazzi del coro
  • 1996 – Un animale per compagno
  • 1998 – Tempo sensibile
  • 2001 – C’è poco da ridere
  • 2006 – Ignazio
  • 2008 – Carmela (con affetto)
  • 2015 – Paolo e Rita
  • 2020 – Amore Amore Amore, Amore un…

Album dal vivo

  • 1994 – Canti, contesse & conti
  • 2002 – Altri suoni al Tufello
  • 2020 – Il Concerto (Teatro Parioli, Roma 14 maggio 1995)

Raccolte

  • 2009 – Antologia

Singoli

  • 1968 – Risoluzione dei comunardi/Il vestito di Rossini/Contessa
  • 1968 – Valle Giulia/Repressione/Uguaglianza
  • 1969 – Violette/E lui ballava
  • 1981 – Sul tram / La Roma
  • 1986 – Orazio (con Luigi Ceccarelli)
  • 1999 – Il canto di Rifondazione

Banditi nelle Valli valdesi

INDICE
Banditismo religionario 5
1. Banditismo religionario nelle Valli 10
2. Banditi o ribelli, banditi e ribelli 13
3. Banditi al servizio del Duca 19
4. I banditi e le fonti 22
5. Bandi e banditi nella legislazione sabauda: i banditi
e lo stato moderno 27
6. Il bando come atto politico 32
7. Liberarsi dal bando: la grazia e l’amnistia del principe 33
8. Liberarsi dei banditi, l’omicidio mirato della giustizia ducale 36
9. Economia politica del banditismo nelle Valli: la terra
e le collette 39
Storie di banditi e bande nelle Valli 53
1. Daniele Cabriol e gli altri banditi del Soulèvement
del 1600 55
2. Le Bannissement des gens de la Religion del 1619 71
3. Il bandito Jacques Laurens e la guerra dei templi del 1624 77
4. Banditi cattolici nella guerra civile 83
5. Antonio Léger, pastore e teologo bandito 85
6. Pastori banditi, Lepreux, Garin e Imbert 91
7. L’incendio del Convento di Villar del 1653 e il bando
del pastore Manget 97
8. Jean Léger, pastore e bandito 101
9. Le Pasque di sangue del 1655 113
10. I banditi del 23 maggio 1655 117
328
11. Il capitano Bartolomeo Jahier, bandito,
«homme tout de feu» 123
12. La guerra per bande nel 1655 131
13. Genealogia della guerre per bande: la compagnia
volante del 1561 139
14. Giosuè Gianavello, capo banda 143
15. Gianavello bandito e valdese 151
16. I banditi dal 1658 al 1663 155
16.1 Il Forte di Santa Maria alla Torre. Il nemico nel cuore
delle Valli 156
16.2 La questione del culto a San Giovanni 158
16.3 La questione delle terre al di là dei limiti 160
16.4 La questione delle collette 164
17. Il costituirsi di un contropotere in Valle 167
18. I banditi in azione 169
18.1 I banditi contro la giustizia ducale 172
18.2 I banditi contro il Forte di Santa Maria di Torre 175
18.3 Banditi che sfidano il potere ducale 177
18.4 Azioni contro le vendite delle terre al di là del Pellice 178
18.5 La campagna contro i longueillisti e la disunione
nelle Valli 179
18.6 La presenza al culto domenicale per mantenere
l’internità alla comunità 184
18.7 “Cani da guardia” 187
18.8 I rapporti tra Giosuè Gianavello e Jean Léger 189
19. Faccia a faccia con i banditi 193
19.1 I rifugi dei banditi 196
19.2 Le bande di Fina e Gianavello 198
19.3 I banditi e le Valli: il consenso verso i banditi 200
20. I banditi nella Guerra dei banditi 203
20.1 Le forze in campo 205
329
20.2 Il Memoriale del 17 febbraio 1663: la grazia
per i banditi 206
20.3 I banditi, primo nucleo dell’offensiva valligiana 208
20.4 Giuramento di Pentecoste 210
20.5 Banditi e valligiani insieme 212
20.6 Il saccheggio di Luserna del 12 giugno 213
20.7 La Dichiarazione de’ Banditi, e Perdono a gli altri
delle Valli del 25 giugno 1663 217
20.8 Le perfid combat, l’attacco ad Angrogna del 6 luglio 218
20.9 Ribelli al sovrano 221
20.10 L’Atto di sottomissione delle Comunità
di San Bartolomeo, Prarostino e Roccapiatta 223
21. La pace del 14 febbraio 1664, i banditi devono andarsene 227
22. Le voci dei banditi: L’Assemblea di Pinasca e quella
della Sagna 231
23. 19 febbraio 1664, ore 4 di notte: la partenza dei banditi 235
24. I banditi sulla Gazette de Paris 237
25. I banditi: uomini in carne e ossa 241
26. Isaia Fina, capo bandito e Giovanni Fina, suo fratello
e bandito 245
27. Gian Gras, compare di Gianavello, «sbirro e boia» 253
28. Il bandito Filippo Costafort 257
29. Il bandito Bellino, impiccato «perché possa servire
d’essempio» 259
30. Il luogotenente Revel e il segretario Massa, i fratelli
Vachero 261
31. L’ostessa dei banditi, Magna Giovanna 265
32. I banditi dopo il 19 febbraio 1664 267
32.1 Banditi a Ginevra 269
32.2 Banditi ancora nelle Valli 275
33. La cattura del bandito Fenoglio, un affare internazionale 285
330
34. La guerra per bande si fa teoria: le Istruzioni
di Gianavello 289
35. Conclusione 293
Appendici 295
Bando del 23 maggio 1655 297
Ordine di S.A.R. contro Isaia Fina 300
Ordine di S.A.R. contro li banditi delle Valli 25 gennaio 1661 301
Memoriale del 17 agosto 1661 303
Terza citazione delli delegati nelle cause criminali delle Valli
contro Gio. Legero per lì delitti in essa espressi 304
25 giugno 1663. Dichiaratione de’ Banditi
e perdono a gli altri delle Valli 309
Gli habitanti delle Valli sono dichiarati ribelli e criminali
di Lesa Maestà 316
Bibliografia 319

IL RACCONTO FOTOGRAFICO DI DARIO LANZARDO

TODAY FOR TOMORROW A CINEMAMBIENTE 2021

Il progetto di serialità “Today for Tomorrow”, a cura di Alessandro Genitori ed Elis Karakaci, nato in collaborazione con l’ASviS per raccontare le storie di chi concretamente ha adottato uno o più Goal dell’Agenda 2030 attraverso una serie di pillole video e interviste alle realtà italiane portavoce dello sviluppo sostenibile. Il progetto è iniziato con la creazione di una prima puntata pilota, che ha visto come produttore esecutivo Francesco Dragone e che è stato supportato dall’Associazione Nazionale Museo del Cinema e da Filmika; puntata che sarà presentato ufficialmente a Torino il 6 ottobre, alle ore 16.00, nella selezione “Made in Italy” di CinemAmbiente

VIVILIBRON CAMPIDOGLIO LIBRI SALVATI E REGALATI VIA MUSINE 5-7

Vivilibròn Campidoglio

recupera e  rimette in circolo libri salvati dal macero con momenti di festa per tutti.

sabato 9 ottobre

con un libro sei sempre in vacanza ore 15 -20

sabato 16 ottobre

salone  del libro Off ore 15 -20

domenica 14 novembre

dedicato alle  donne ore 11-16

domenica 5 dicembre

libro sorpreso ore 11-16

 

 

 

dal sito di unitre-pinerolo

Vincenzo Baraldi – Condizione operaia e rappresentazione del lavoro nella letteratura italiana del 900-1
Vincenzo  Baraldi – Condizione operaia e rappresentazione del lavoro nella letteratura italiana del 900-2
Vincenzo Baraldi – Condizione operaia e rappresentazione del lavoro nella letteratura italiana del 900-3
Vincenzo-Baraldi – Condizione operaia e rappresentazione del lavoro nella letteratura italiana del 900-4
Vincenzo Baraldi-Condizione operaia e rappresentazione del lavoro nella letteratura italiana del 900 – 5
Vincenzo Baraldi-Condizione operaia e rappresentazione del lavoro nella letteratura italiana del novecento-6
Vincenzo Baraldi – Condizione operaia e rappresentazione del lavoro nella letteratura italiana del ‘900 -7
Vincenzo Baraldi – Condizione operaia e rappresentazione del lavoro nella letteratura italiana del ‘900 – 8
Vincenzo Baraldi – Condizione operaia e rappresentazione del lavoro nella letteratura italiana del ‘900-9
Vincenzo Baraldi-Condizione operaia e rappresentazione del lavoro nella letteratura italiana del ‘900-10

L’Inceneritore maledetto di: Valerio Moschetti

Quando Pio decise di prendere casa al Gerbido, i lavori per l’inceneritore erano appena iniziati.

Alcuni amici gli avevano detto che siccome un gran numero di operai lavoravano a quel progetto, era davvero facile rimediare qualcosa da mangiare tutti i giorni. Avevano l’abitudine di mangiare all’aperto, sotto la tettoia che serviva da ripostiglio ai macchinari e quando tornavano al lavoro per terra c’era un tappeto di briciole davvero interessante. E’ vero, c’erano molti piccioni che si aggiravano nei dintorni ma si sa, i piccioni sono lenti e per un passerotto in piena salute come Pio non erano un problema reale. Lui veniva dalla campagna a sud di Rivoli, viveva in una vigna rubacchiando cibo alle galline, ai maiali e qualche volta osava pure avvicinarsi alla ciotola di Fido, il cane del cascinale. Aveva scelto di scendere in città convinto da altri passerotti intraprendenti e dalla speranza di trovare la sua anima gemella. Così successe, dopo qualche tempo, mentre i lavori proseguivano veloci e rumorosi, incontrò Pia, una splendida passerotta dalle piume leggermente striate. Fu amore a prima vista e dopo una stagione trascorsa a svolazzare tra le impalcature che contornavano il grande comignolo, decisero che era venuto il tempo di far crescere la famiglia. Intanto venne l’inverno e l’inceneritore iniziò a lavorare a regime. Si dicevano tante cose al suo riguardo. Alcuni topi, venuti da Milano, raccontavano che quel fumo biancastro che usciva dal comignolo era pieno di terribili veleni e alcune topesse avevano partorito cuccioli deformi, senza coda o nei peggiori casi senza zampe. I piccioni raccontavano che erano frottole, tutte fantasie di sorci lombardi contrari allo sviluppo. Secondo loro l’aria tiepida attorno al bruciatore aiutava a sopportare meglio l’inverno, spesso era facile trovare cibo nei cassoni dei camions che portavano i rifiuti e l’aria aveva un profumo dolciastro che stimolava l’appetito. Come venne la primavera Pio e Pia si diedero da fare a metter su nuova casa, un nido fatto a regola d’arte, con scorie raccolte nei dintorni, imbottito con le morbide ceneri e abbastanza vicino al camino da avere il riscaldamento garantito nella successiva stagione invernale. Eppure nonostante ogni buona volontà l’estate passò senza che Pia facesse un uovo fecondabile. Passato il tempo dovuto, lo lasciavano cadere dal nido, in un disastroso volo che lo spiaccicava al suolo. Ne approfittava un topino milanese di bocca buona. Poi finalmente anche per Pio e Pia venne il momento magico per cui l’uovo iniziò a trasformarsi. Finalmente il miracolo della fecondazione aveva interessato anche loro e dentro il sottile ma robusto guscio milioni di cellule cominciarono a replicarsi. Erano felici, indaffarati. Pio cercava di far sì che non mancasse mai cibo e che il fumo dell’inceneritore aiutasse Pia nella cova. Passarono i giorni e venne il tempo della schiusa. Ma l’uovo rimaneva intatto, forse un piccolo ritardo, poteva succedere. Passarono uno, due giorni, nulla. Si era fatta pure la luna piena. Niente ancora. Pia, come aveva imparato da sua madre, iniziò a picchiettare sulla sommità del guscio, per favorirne la schiusa. Alcuni colpi, poi altri, sinché ad un certo punto si incrinò, mentre una crepa cominciò ad allungarsi verso il basso. Restarono in attesa, ansiosi ed eccitati. Le due metà caddero ai lati e dall’interno una massa di piume arruffate rotolò fuori, esanime. Non aveva capo, non aveva coda, non aveva soprattutto vita! Forse i topi milanesi avevano ragione, quel grande comignolo fumante portava la morte! Pio fu il primo a riprendersi dal grande dolore, decise che era ora di andare via, di tornare alla vigna in collina dove l’aria era pulita e senza quel dolciastro veleno. “Pia, andiamo via, subito…” si mise a cinguettare con tutto il fiato che aveva in gola. Pia provò a battere le ali, per lanciarsi in volo, ma il terribile veleno aveva colpito anche lei. Non era in grado di coordinare il volo, planò disastrosamente finendo la sua caduta proprio sotto le ruote di un camion che stava arrivando, pieno di spazzatura. Il rumore delle piccole ossa frantumate dal grosso pneumatico furono l’ultimo dolore che Pio volle sopportare; si lanciò a capofitto contro quella maledetta ciminiera, con la speranza di poterne scalfire almeno un mattone. Come lui altre centinaia di uccelli si lanciarono contro il comignolo assassino, quasi fossero sassi di una rivolta insperata, una natura che rifiuta di essere avvelenata. Cento, mille sassi contro la fabbrica di morte, migliaia di piccole vite pronte a sacrificarsi affinché qualcuno si accorgesse che così non si poteva continuare, che quel veleno avrebbe ammalato tutti, compreso chi aveva voluto costruirlo. Pio e Pia non erano morti invano, però a dirla tutta, si sarebbe potuto evitare.

 

Valerio Moschetti nasce a Bordighera il 22 novembre 1955.

Vive in località Due Strade dove i genitori gestiscono il negozio di alimentari. Frequenta le superiori all’Istituto Ferrini di Albenga dove si diploma in Elettronica nel 1974.
Poi parte per il servizio di leva in Marina come Ufficiale di Complemento per l’Accademia Navale di Livorno. Successivamente in Puglia e definitivamente in Sicilia sino al 1976.
Rientrato, si imbarca per un’estate su uno yacht a vela a Montecarlo dove affina la passione per il mare.
Poi, per amore e per lavoro, si trasferisce a Torino dove prende impiego in attività inerenti i suoi studi. Si trasferisce con la compagna a Sori, vicino a Genova e successivamente rientra a Torino, lavorando per la IBM.
Quindi, definitivamente si sposta nel settore delle Arti Grafiche come tecnico installatore e riparatore, e questa resta in sostanza la sua attività primaria.
Attualmente collabora con le testate nazionali prestando servizio presso la GMDE, azienda leader nell’assistenza tecnica dei quotidiani.
Continua a navigare, questa volta per le autostrade italiane.
Nell’estate 2011, quasi per caso, inizia a collaborare con un giornale on-line, Bordighera.net, e trova nell’amore la fonte della sua ispirazione. Come se avesse da sempre aspettato quel momento lascia correre le mani sulla tastiera del computer e vede riempirsi il video di tante storie piene di emozioni, sentimenti. Piacciono, piacciono ai suoi amici, ai lettori del giornale ed anche a qualche critico notoriamente difficile. Piacciono anche a lui ma più di tutto trova nella scrittura il permesso per esprimere la sua essenza, i sentimenti.

Sistema proporzionale e democrazia di Tomaso Montanari

Com’è possibile che una democrazia anteponga gli interessi di pochissimi a quello di (quasi) tutti? Domanda ingenua, ma necessaria: capace di guardare alla politica con quello inesorabile sguardo infantile che costringe ad andare alla sostanza ultima delle cose, denunciando la nudità del re.

Ebbene, perché in un’Italia in cui, dopo un anno di pandemia, aumentano contemporaneamente, ed esponenzialmente, sia le file davanti alle mense dei poveri sia gli ordini ai cantieri dei superyacht, non si riesce a varare una legge patrimoniale, una tassazione severa delle grandi proprietà immobiliari, una vera tassa di successione per i grandi ricchi? La risposta è brutale: perché, in verità, siamo un’oligarchia.

Una realtà plasticamente rappresentata dal governo paternalista Draghi-Mattarella, ma vera ormai da tempo. La maggioranza degli italiani non è rappresentata dal sistema istituzionale: sono fantasmi politici non solo quelli che non votano più (avendo comprensibilmente perso ogni speranza di giustizia), ma anche quelli che votano, e vengono traditi da leggi di ispirazione maggioritaria che truccano i numeri del Parlamento in nome di una governabilità comunque mai davvero raggiunta, come ognuno vede.

Il risultato finale di questa lunga stagione maggioritaria non è nemmeno il primato degli esecutivi sui parlamenti (che è comunque un dato di fatto, dai Comuni alle Regioni allo Stato), ma quello dei blocchi di capitale e privilegio sull’interesse generale. Semplicemente, l’interesse collettivo non trova nessuno spazio politico: e se la patrimoniale è l’esempio principe, mille altri si potrebbero citare, dalla progressività fiscale tradita, al sistema sanitario, e a quello dell’istruzione, demoliti.

È da questa ineludibile constatazione che prende il via il famoso sentimento anti-politico, inteso come un senso di rigetto verso un sistema in cui la Lega e il Pd vogliono lo stesso sistema elettorale. Salvini da una parte, Prodi e Veltroni dall’altra: tutti invocano il maggioritario, il bipolarismo. E le prime parole di Enrico Letta vanno nella stessa direzione: il Pd sembra tornare ai fantasmi letali della “vocazione maggioritaria” (che in realtà si è tradotta in una vocazione al governismo senza mai vincere le elezioni). Un tradimento grave, dopo i solenni impegni presi da Zingaretti al momento del suo sofferto “sì” al referendum sul taglio dei parlamentari. Proprio questa riforma offre un’ulteriore ragione, urgente e drammatica, per tornare subito a un proporzionale vero (cioè senza soglie di sbarramento e con circoscrizione unica nazionale): con il combinato disposto tra riduzione dei parlamentari e Rosatellum (o Mattarellum), una maggioranza parlamentare (ma minoranza nel Paese) può prendersi tutti gli organi di garanzia democratica, e addirittura cambiare la Costituzione senza passare dal referendum (i meccanismi di tutela della Carta, a partire dall’articolo 138, funzionano solo col proporzionale). In questo momento (stando a credibili sondaggi) quella maggioranza toccherà alla Destra estrema (scenario da brividi), ma sarebbe inaccettabile anche se i numeri premiassero una (al momento inesistente) Sinistra. Perché il punto è la tenuta dello stesso sistema democratico.

Può sembrare perfino bizzarro parlare di legge elettorale mentre siamo tutti a seguire con il fiato sospeso l’andamento delle vaccinazioni che potrebbero liberarci dalla pandemia: ma proprio la pandemia ha strappato l’ultimo velo a una bancarotta della politica che impedirà di fatto qualsiasi ricostruzione che non sia il semplice ripristino dello stato delle cose.

E allora, se almeno una parte del Movimento 5 Stelle e del Pd avvertono il disagio di governare con Salvini nel governo delle banche e delle mimetiche, la via maestra per costruire una via di fuga da questo permanente game over della politica è proprio un accordo per una legge elettorale proporzionale. Piero Calamandrei diceva che nella Costituzione è racchiusa una «rivoluzione promessa»: se vogliamo darci una possibilità di mantenere quella promessa, l’unica strada realistica è riportare i cittadini nella politica. Cioè tornare a votare un Parlamento che rappresenti l’interesse generale: un Parlamento proporzionale.

Apprendere per caso. E mettere in comune di Lino Di Gianni*

 Pubblicato il 14 Aprile 2018  Comune-Info

Le scoperte, in una scuola di italiano per stranieri, non finiscono mai. E avvengono sempre per caso, anche se il caso non dovrebbe avere un ruolo così importante.

Per esempio, non siamo mica nel libro Cuore, di De Amicis, per scoprire che Babadi, il ragazzo africano che è stato ripreso con una nota sul registro, in realtà è un ragazzo che al mattino alle 8 si presenta a lavorare nel bar della Stazione di Avigliana (Torino), lavora fino alle 14, e poi alle 15 va a frequentare il corso di scuola media fino alle 20?

Per esempio, Mustafa, il ragazzo curdo della Turchia, che è sempre molto assonnato e poco reattivo, qualche giorno fa, mentre parlavamo di cantanti della nazione di origine, si è messo a cantare, senza musica, un bellissimo motivo curdo. Aveva una voce molto intonata e si vedeva che era abituato a cantare in pubblico. Ha anche mostrato un suo video su You Tube, dove lui canta con altri amici curdi.

Parlando del passato come verbo, abbiamo scoperto di cosa è fatta la grammatica del passato prossimo delle persone che con molta umiltà e diligenza vengono ai corsi di italiano. Per esempio, Mohammed, il ragazzo timido con una figlia piccola ci ha raccontato di quando è stato otto mesi nelle carceri della Libia. Ogni quattro giorni davano loro un pugno di riso da mangiare, chiedendo soldi ai parenti per liberarli. Lui aveva la moglie incinta di sette mesi, e ha dovuto farsi prestare dagli amici duemila dollari per essere liberato. “E spesso non hai nemmeno la sicurezza che non vogliano, dopo, altri soldi…”, diceva il nostro amico in classe.

Qualcuno di questi ragazzi è scappato in Francia, rischiando l’assideramento sulle nevi delle Alpi. Stanco di stare qui, senza lavoro, senza documenti, con i parenti che chiedono soldi per vivere.

Quello che a noi sembra poco, per loro, come guadagno è tanto. Ma queste persone hanno necessità di una casa e di un lavoro: sono persone oneste, desiderose di un futuro, che cercano di lottare contro lo sfruttamento del loro Paese e della guerra. Come Dyar e Akram, i due iracheni in classe da noi, che dopo essere stati respinti dalla Svezia sono stati accolti in Val di Susa, nel progetto accoglienza diffusa, seguiti da una cooperativa che si applica con rigore e professionalità nel seguirli.

*Maestro per vent’anni nelle scuole elementari ora con adulti migranti per corsi di italiano in Val Susa, poeta e scrittore di racconti. Fa parte del movimento No Tav da oltre vent’anni. I suoi articoli si possono leggere sulla pagina Facebook del Centro per l’Istruzione degli Adulti di Avigliana (Cpia5To). Ha aderito alla campagna Un mondo nuovo comincia da qui

Il mondo in una stanza di Lino Di Gianni

Quando ero a scuola,
ogni persona che veniva
da me, era un Universo
da scoprire
Una geografia umana
che mi arricchiva continuamente
Per esempio, mai avevo saputo
che in India si parlasse anche
il Punjabi
Ed ora eccolo lì, il mio amico,
paziente, che era venuto per
curare gli animali, in un agriturismo
Fece venire poi anche la moglie,
dall’ India, e la figlia giovane
Anche la moglie, con molta pazienza,
timorosa e gentile, venne ai corsi di italiano
Alla sera, andavano via in bici, al buio,
facendo chilometri su una statale
Io ero in ansia, gli dissi di procurarsi
dei giubbotti colorati rifrangenti
Glieli regalò il datore di lavoro
La ricchezza di quelle persone
per alcuni, era invisibile
agli occhi
per 20 anni ho insegnato ai bambini a Torino. Dal 1993, sono passato ad insegnare nei corsi di italiano per stranieri ( nella Valle di Susa: a Rivoli, Avigliana, Bussoleno). Da sette anni mi sono trasferito da Torino ad Avigliana, stanco di una tangenziale disumana, e contento di trovarmi a poter partecipare alle manifestazioni contro il Tav, un imbroglio mangiasoldi che priverà la Valle di Susa della sua integrità e delle sue acque.