“Senza casa, senza futuro”: gli studenti in lotta contro il caro affitti e per il diritto alla casa – di Giustino Scotto D’Aniello

Milano, Roma, Cagliari, e adesso anche Torino, Firenze, Pavia. Una protesta degli studenti contro il caro affitti che si sta allargando a molte città d’Italia, e che questa volta si realizza con una modalità particolare: piazzare una tenda di fronte all’università e mettersi a dormire lì, per portare all’attenzione il problema dell’emergenza abitativa che colpisce sempre più duro. Lo slogan è: “Senza casa, senza futuro” (“Valigia Blu”,12 maggio 2023.). Sintesi perfetta del mancato accesso al diritto alla casa.
La prima a farlo è stata la studentessa Ilaria Lamera, che il 4 maggio ha piantato la sua tenda fuori dal Politecnico di Milano: “I costi di Milano non permettono a studenti con famiglie normali alle spalle di prendere stanze in affitto”, ha detto in un’intervista a Repubblica. “Io avevo trovato singole da 700 euro spese escluse, non potevo permettermele”.

In Italia, nel 2022 risultavano esserci poco meno di 600 mila universitari che studiano in una provincia diversa da quella di residenza, ovvero poco meno di un terzo degli studenti universitari complessivi, contro una media europea di due terzi. Il numero di alloggi pubblici però è ancora troppo basso: in Italia arriva poco sopra i 50mila, meno di un terzo rispetto a Francia e Germania, rispondendo solamente a circa il 20% della domanda potenziale. Una ricerca di Eurostudent mostra che nel nostro Paese solo il 5% degli studenti universitari vive in uno studentato pubblico, contro una media europea del 18%.
La carenza di una efficace rete alloggiativa pubblica favorisce i fenomeni speculativi del mercato locatizio nelle “città universitarie”. L’ultima rilevazione di “Scenari Immobiliari” sul primo trimestre 2023 mostra che, a Milano, il costo medio per una singola ha raggiunto gli 810 euro al mese. Seguono Roma con 630 euro, Venezia (580), Firenze (570) e Bologna (530). Poco sotto i 500 euro si trovano Torino, Verona e Padova (480 euro al mese in media per una stanza). Tutto ciò si rivela determinante per l’aggravarsi del fenomeno dell’abbandono del percorso degli studi. A tal riguardo, è importante evidenziare quanto riportato dal “Corriere Univ” il 28 febbraio 2022: “Il nostro Paese deve colmare il divario del numero degli studenti universitari: in Europa, sono complessivamente 17,5 milioni, con la Germania che vanta un 17,9 % di laureati, seguita dalla Francia (15 %) e dalla Spagna (11,7 %). L’Italia e la Polonia, invece, sono in fondo alle classifiche europee con percentuali del 10,8% e dell’8,5%. Solo il 17 % della nostra popolazione, peraltro, raggiunge un titolo di istruzione universitario, contro il 33% della Francia e il 40,1% del Regno Unito. Va osservato, inoltre, che il declino della spesa in istruzione in Italia è avvenuto in modo più repentino rispetto ai cambiamenti demografici. Se gli investimenti nell’istruzione sono calati del 14%, in rapporto alla ricchezza pro-capite, la popolazione degli studenti si è contratta del 2,3% e questo dimostra che il livello del calo delle risorse investite non è giustificato dal calo delle nascite e del numero degli iscritti”.
Tra i dati consultabili su www.cnvsu.it particolare rilievo hanno quelli relativi al tasso di abbandono. Più di uno studente su dieci abbandona l’università. Al Sud si arriva al 15%: tra il primo e il secondo anno lascia gli studi universitari il 21,3% degli studenti, da un massimo di 31,7% della facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali ad un minimo di 2,2% di Medicina e chirurgia.
Federica Laudisa (ricercatrice dell’Ires Piemonte), a proposito dello sbandierato fondo previsto nell’ambito del PNRR, pari a € 660 ml, oggetto di una vergognosa operazione propagandistica del governo Meloni, a tutt’oggi bloccati, afferma: “Manca una clausola per cui, ipotizzo, almeno il 60% dei posti siano concessi agli studenti borsisti fuori sede, a tariffe calmierate. Il problema è che non c’è una clausola che imponga agli operatori privati di assegnare posti agli studenti che appartengono a famiglie non avvantaggiate economicamente. O saranno apportati correttivi, oppure non si comprende la ragione per cui il fondo è dato ai privati che già investono nel settore. Dovrebbero essere finanziati gli operatori privati se il pubblico ne ha un vantaggio. Ma se non c’è un “ritorno pubblico”, non se ne comprendono le ragioni.” (Il Manifesto, 17 maggio 2023).
Si ripropone in modo determinante il ruolo del sistema pubblico, a fronte di un mercato immobiliare che acuisce le contraddizioni di classe emerse in modo dirompente in periodo di pandemia nel sistema formativo italiano e nella struttura urbana delle città. Sempre più si estendono i processi di privatizzazione delle città.
A tal proposito, un esempio per tutti riguardante la Cassa Depositi e Prestiti (CDP) che ha dato vita, all’interno della propria struttura al CDPRealAsset sgr, il polo dedicato alle attività di fund e asset management nei settori immobiliare e infrastrutturale del gruppo CDP.
Obiettivo nei prossimi 3 anni è gestire masse per € 5 mld per investimenti immobiliari e infrastrutturali generali nel Paese pari a 10 mld. Gli assi previsti sono quattro, di cui due afferiscono direttamente alle questioni oggetto del nostro approfondimento, precisamente: 1) Infrastrutture sociali per l’abitare; 2) Valorizzazione immobili ex pubblici.
Molti sono gli interventi nel settore dell’housing sociale e degli studentati, alcuni già realizzati e altri in fase di progettazione, che prevedono una forte integrazione con gruppi finanziari che sono attivi nel mercato immobiliare nazionale ed internazionale.
Inflazione, caro bollette, calo del potere d’acquisto dei salari. E mancanza di alloggi a prezzo accessibile, non solo per gli studenti. Sono questi gli ingredienti dell’emergenza abitativa, che si conferma sempre più come fenomeno strutturale, che si sta verificando oggi in Italia: sono sempre di più le famiglie sotto la soglia di povertà, sotto sfratto o in attesa di una casa popolare.
Negli ultimi anni, trovare un’abitazione in affitto è sempre più difficile: la domanda cresce mentre l’offerta fatica a tenere il passo, anche a causa dell’aumento degli affitti turistici e della finanziarizzazione del mercato immobiliare. Soprattutto nelle grandi città, i prezzi sono sempre più alti, spesso non giustificati dallo stato degli immobili. Nel frattempo, nel nostro Paese manca ancora un piano casa strutturato, con politiche in grado di rispondere alle necessità delle persone e ai problemi dei centri storici.
La domanda che sorge spontanea, in merito ai citati 5 mld previsti dalla CDP, è: in questo fondo sono confluiti anche i versamenti effettuati dai lavoratori sino alla fine degli anni ’90, destinati all’ampliamento dell’offerta delle case popolari e alla loro manutenzione, di cui negli anni si sono perse le tracce?
Come ci ricorda il movimento “Riprendiamoci il COMUNE”, la CDP gestisce il risparmio postale. Fondata da Cavour nel 1850, aveva lo scopo di finanziari le attività dei Comuni con prestiti a tasso agevolato.
Tutto ciò sino al 2003 quando è stata trasformata in SpA e al suo interno sono entrate le fondazioni bancarie.
In questi giorni è in atto, su iniziativa del citato movimento, una petizione per sostenere una proposta di legge popolare tesa a trasformare la CDP in soggetto di diritto pubblico (analogamente alla sua omologa francese), mettendo nelle disponibilità delle comunità locali 280mld di risparmi postali oggi dirottati su interessi privatistici.
Tutto ciò ha un forte impatto sulle condizioni abitative degli studenti meno abbienti e delle loro famiglie ed entra in rotta di collisione con i principi costituzionali riferiti al diritto allo studio.
Il fenomeno dell’abbandono scolastico e universitario è fortemente correlato alla condizione di classe, negli ultimi tempi si fa riferimento, anche a “sinistra”, al blocco dell’ascensore sociale e al dilagare delle “diseguaglianze sociali”. Due questioni che tendono, di fatto, a ricomporre le contraddizioni di classe nel sistema capitalistico stesso, su cui approfondire una discussione utile ad aprire nuovi orizzonti ai movimenti giovanili in atto in questa fase. Mettere in crisi il sistema “meritocratico” e la logica di mercato che si cela dietro il concetto di “ascensore sociale” è fondamentale per riaprire una nuova stagione di lotta politica e sociale finalizzata all’emancipazione delle classi sociali subalterne e non al protagonismo individuale e/o di gruppi tematici. Ma questa è un’altra storia.

Di: Giustino Scotto d’Aniello, sociologo, esperto di questioni abitative e del territorio.

* l’articolo è stato pubblicato anche su Cumpanis in data 25/05/2023

I Favoriti della Luna di Lino Di Gianni

I Favoriti della Luna
Liberi nei prati di città
i bambini giocavano
con palle di pezza
mentre attorno
vigorosi braccianti
del Sud del mondo
venivano sfruttati
Commisero l’errore
di fargli assaggiare
il frutto della bellezza
ciò per cui vale
la pena di vivere
senza il falso dio del profitto
Era una generazione di giovani
favoriti dalla Luna
vissero la stagione
con coraggio e speranza
Si liberarono le donne
e fu quella, la Fortuna
Vennero inseguiti e
catturati uno a uno
Non perdonarono mai loro
di aver rivolto, per una volta
lo sguardo verso la Luna
Lino Di Gianni 31 Marzo 2023

Homo… sapiens? di Piergiorgio Longato

Homo… sapiens?

 

 

“Sei ancora quello

della pietra e della fionda,

uomo del mio tempo”:  *

così il poeta

a rovine ancora

fumanti,

tra file di muri

sbrecciati,

all’ombra di mucchi

di morti

dovuti all’immane

Secondo Grande

Macello…

 

E con i miasmi

ancora letali

e ancora sospesi

nei cieli orientali

dell’orrido e vile,

satanico fungo

che scaglia con forza

l’umana congerie

sull’orlo del nulla;

 

e con negli occhi

ancora l’orrore

che si sprigiona

dalla visione

di diafani corpi

che vagano spersi,

quasi fantasmi

a stento rimasti

nel mondo dei vivi.

 

Sei ancora lì,

cocciutamente

fermo e convinto

di dominare

le belluine,

potenti pulsioni

di sopraffazione

e ubiquo dominio

con l’incosciente,

folle maneggio

di ferali congegni

da fine dei tempi.

 

Sei ancora lì

uomo bianco ricco

e occidentale,

potente wasp  **

che non compone

liti e conflitti

ma annichilisce

e annienta feroce

chi interferisce

ed alza la voce.

 

Sei ancora lì,

nel mitico West

dove i cattivi

diventano buoni

e gli invasori

sono “dei nostri”:

bianchi di pelle

con canne fumanti

a sterminare

nativi e affini

dai musi un po’ rossi …

 

Sei ancora e sempre lì,

incontinente

nella tua brama

di controllare

e di possedere

flussi e risorse

per crapulare

e gozzovigliare

sopra le bocche

secche di cibo

e di bevande

di troppi umani

senza domani.

 

E sei ancora tu,

avido impenitente,

ingordo e sprecone,

armi e divise

ovunque schierate

per mantenere

stili di vita

che Pachamama  ***

non può sostenere.

 

E sei ancora tu,

sordo e cieco

dinanzi ai rivoli

di gelide rugiade

che caracollano

rassegnate ed esangui

lungo  dorsi irrigiditi

di miliardi di corpi

attoniti e spauriti

dall’ormai possibile,

globale cataclisma.

 

E sei proprio tu,

cascame  nefasto

dei tempi infausti

del freddo conflitto,

e di spessi colbacchi

indossati a braccetto

del sempre impunito

ottantenne nostrano,

tu, despota truce

dagli occhi di ghiaccio.

 

E sei proprio tu,

mendace retore

degli umani diritti

e di libertà

ad abbaiare,  ****

premeditato,

sull’uscio del grande,

immenso paese,

ottenebrato

dal tuo delirio

d’onnipotenza.

 

L’uomo di scienza

tra i grandi di sempre

pare che un giorno

-quale presagio

di oscuri domani –

abbia avvertito

genti e sodali

che il quarto conflitto

di portata globale

con pietre e bastoni

si sarebbe svolto:

 

fermati adesso,

uomo del mio tempo,

non indugiare,

non massacrare

vite culture

saperi speranze,

per una volta

abbassa la cresta

e cancella per sempre

dal tuo orizzonte

il necrotico motto

del prepara la guerra

se vuoi la pace:

 

“La tua scienza esatta

persuasa allo sterminio”  *

non ti permette

piu’

di dar seguito

a tale abominio,

uomo del mio tempo,

e i tuoi figli devono

“dimenticare i padri

e le nuvole di sangue”  *

per non soccombere,

uomo del mio tempo.

 

Note.

 

*         “Uomo del mio tempo”  di Salvatore Quasimodo,  1946

**       Acronimo:  White Anglo-Saxon Protestant”.

***     Madre Terra in lingua quechua.

****   Riferimento ad una frase di papa Francesco pronunciata nel  mese di maggio del 2022.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

6

Abbracci

Abbracci
Non si usano quasi più, gli abbracci
Non quelli scontati, fatti tanto per fare
Non quelli dovuti, per buona educazione
Gli altri
Quelli occasionali, che nascono
come treni in partenza
Che incontrano mondi, fogliame,
sguardi che si spostano
Che i miei capelli
e i tuoi, capelli
Che gli occhiali, oddio,
nel taschino
Non si usano quasi più, gli abbracci
tra persone che si conoscono appena
eppure hanno gli stessi sguardi
smarriti nei particolari
A volte un abbraccio arriva,
a volte un abbraccio parte
Poi magari si dimenticano
(così è la vita, se vi pare)
Lino Di Gianni 25/1/2020

dall’album di Lino Di Gianni

L’ insostenibile leggerezza
In ogni relazione amorosa
c’è un momento poetico
in cui seduci te stesso con
una musica immaginata
È la costruzione della quotidianità
che richiede la caparbietà
dell’ allodola per il nido
la fragilità dei materiali
e la fiducia
nella visione del volo
Se cedono le ali
il gorgo cancella
anche il passato
lino di gianni. 9 Novembre 2021
Lino Di Gianni è nato a Torino, dove vive. Ha insegnato 20 anni nelle scuole elementari delle barriere operaie. Da diciassette anni insegna agli adulti di lingue e paesi diversi. Pubblicazioni: due raccolte di poesie con Feaci Edizioni e due libro di racconti:
Carlin (lotte operaie in bicicletta). Edizioni ilmiolibro.it
In Villa nel cartone Edizioni ilmiolibro.it

Beni comuni o beni privati ? di Ezio Boero

Un quartiere di periferia alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso. Una piazza alberata. Qualche passerotto canticchia allegro sui rami. Bambini giocano a pallone sull’erbetta. Un gruppo di vecchiette fanno la maglia sedute all’ombra. Guardano sorridenti gli approcci di due innamorati seduti su una panchina discosta.

Una pallonata colpisce il cesto dei gomitoli. Si levano nell’aria improperi che sollevano l’attenzione dei vecchietti che giocano a carte, separati dalle donne. Dalla piola escono avventori, col bicchiere di barbera in mano, che disprezzano l’acqua della fontanella che fa bella mostra di sé sulla piazza. Anche dalla sede di Partito affacciata sulla piazza escono alcuni militanti che stanno scrivendo un volantino sulla nuova biblioteca da realizzare nel rione. Poi altri, che, nel cortile sul retro della stessa sede, giocavano a bocce.

Le voci si chetano quando arriva un furgone che scarica transenne. Un organizzatore di feste incravattato spiega ai curiosi che la piazza sarà chiusa per due settimane per una festa imprecisata: “non preoccupatevi: lasceremo tutto pulito e doneremo anche una nuova panchina al Comune”. Tutti i precedenti protagonisti della vicenda si assembrano attorno al promotore dell’iniziativa, rivendicando lo spazio pubblico che non deve essere impedito alla frequentazione. Iniziano telefonate verso interlocutori istituzionali imprecisati. Le transenne infine sono ricaricate sul camion. La nuova panchina l’installerà il Comune senza attendere quella donata dal privato. La festa, bella o brutta che sia, la faranno altrove. Sul cemento di un parcheggio.

Un grande parco urbano. Terzo decennio del secolo in corso. Prima c’erano fabbriche, di cui è quasi assente la memoria: le attuali Amministrazioni non sentono più propria quella storia.

Nel parco sono stati piantati anche altri alberi rispetto allo scarno progetto originario. Sembrano soldatini allineati come in una parata di regime oppure coltivazioni di pioppi da falegnameria. Non s’odono canti di uccellini. Le panchine sono poche e scisse dagli alberi. La maggior parte di cemento, senza schienale. Nessun anziano vi si siede: sono scomode e al sole. I bambini sono chiusi in alcune aree gioco. Attorno alle quali vorticano salutisti ansimanti che fanno jogging. Due o tre di loro fanno esercizi in un’area appositamente dedicata a un’ attività ginnica dal nome inglese. Gruppetti di ragazzi vagano con uno skateboard alla ricerca dei loro spazi separati.

Quasi nessuno passeggia nel parco. Coppiette di innamorati non se ne vedono. Nemmeno un campetto per tirare quattro calci a un pallone. Forse sono vietate entrambe le cose. Così come riunirsi per sentire un po’ di musica. La musica la fanno i concerti autorizzati. Ed è molto più rumorosa.

La frequentazione del parco è programmata da un Comitato di gestione, un’agenzia di sviluppo territoriale che raggruppa qualche rappresentante del Comune attorno ai “portatori d’interessi”, non del territorio, ma sul territorio. L’idea è stata quella di mettere a reddito il parco, di far sì che non se ne stia lì infruttuoso ad aspettare risorse per la sua manutenzione. Ma procuri soldi, quantomeno ai privati che richiedono di utilizzarlo. La priorità è data a grandi eventi che facciano conoscere la città a livello internazionale e che portino incassi agli alberghi cittadini. Al Comune, pochi proventi: l’Assessore incaricato ha deciso di scontare loro al massimo la tassa di occupazione di suolo pubblico. Ad esempio, un concerto che occupa gran parte del parco per 15 giorni non paga molto di più, al giorno e al metro quadro, di qualche sopravvissuto della partecipazione dal basso dei cittadini che installa sul marciapiede per qualche ora un banchetto di proselitismo delle sue iniziative. Peraltro malviste da ogni colore di Amministrazioni che si succedono, perché estranee ad essere irregimentate oppure ad entrare in una sana competizione di idee per richiedere contributi pubblici.

Sullo sfondo un grande camion parcheggiato in una delle poche aree verdi del parco scarica centinaia di transenne per rinchiuderne una vasta area dove affluiranno nuovamente migliaia di persone. Per entrare tra le transenne e godere dell’evento si pagherà il biglietto. Se una manifestazione fosse gratuita, si pagheranno le consumazioni. Le pochissime fontanelle adiacenti saranno chiuse, a cura dell’azienda dell’acquedotto comunale, per favorire l’acquisto di care bottigliette in plastica di acqua minerale.

I promotori delle manifestazioni che si avvicendano nel parco pubblico esaltano in ogni dove è data loro la parola, sui giornali o in quelle che una volta erano dibattute riunioni elettive, il valore imprescindibile, e pure ecologico, dell’iniziativa privata che fa conoscere la Città nel mondo e porta la loro cultura nelle desolate periferie. Se pur al prezzo risibile dell’occupazione quasi permanente della gran parte dell’area verde, che di pubblico, e di verde, ha solo più il ricordo.

In cambio dei massicci proventi, loro, gli organizzatori/benefattori che vantano il loro amore sperticato all’ambiente e ai cittadini e al loro benessere, doneranno al parco tre panchine e un gabinetto chimico.

Alcuni rappresentanti del Comune hanno lo sguardo commosso e i lacrimoni negli occhi mentre si fanno fotografare di fronte ad una delle panchine sponsorizzate. Adorano questi benefattori e pendono dalle loro labbra mentre questi insegnano loro come devono gestire la cosa pubblica come fosse un’azienda privata.

Qualche anno più tardi sulle schede elettorali non ci saranno più simboli di Partiti ma i loghi di varie aziende, tra cui scegliere quella che prometterà la migliore promozione del territorio a fini di profitto.

EZIO BOERO

Nato a Torino nel 1954. Laureato in Scienze politiche con una tesi su “Politica dei trasporti e sviluppo urbano: il caso torinese”, ha fatto attività politica, sindacale e ambientalista.

ha pubblicato:

– La Spina 3 di Torino. Trasformazioni e partecipazione: il Comitato Dora Spina Tre VisualGrafika 2011
Da Cittadella industriale a Spina 3: una riconversione incompiuta in Postfordismo e trasformazione urbana  IRES Piemonte 2016
Racconti torinesi. Da leggere in tram, StreetLib 2017
Granata. Una storia di resistenza, StreeLib 2019
Racconti inopinatamente decontestualizzati, StreetLib  2019
– Storia sociale e del lavoro degli Stati Uniti, StreeLib del 2019

 

BORGATA PARALOUP

 

BORGATA PARALOUP

Al riparo dai lupi

Borgata Paraloup è un nuovo centro culturale, che offre servizi di carattere culturale, sociale e turistico, dove vivere tutto l’anno un’esperienza di comunità accogliente, solidale e sostenibile.

 

Uomini o assessori ? (direbbe Totò) di Gianfranco Vitale

Ecco un esempio cosa avviene sul versante “Salute e problematiche dei soggetti disabili” in Piemonte, grazie alle scelte scellerate della giunta regionale di centro destra.
Mio figlio autistico è ospite di una comunità residenziale di Torino. Trascorre a casa con me ‒ quasi regolarmente – tutti i fine settimana. Con mio grande stupore da un paio di mesi mi viene richiesto di esibire, ogni volta che vado a prenderlo, il Green Pass. All’inizio ho pensato a uno scherzo ma il coordinatore della struttura mi ha spiegato che, come comunità, devono attenersi scrupolosamente alle disposizioni emanate dall’assessore regionale alla salute (Luigi Genesio Icardi) di concerto, ovviamente, con il presidente della Giunta regionale (Alberto Cirio). Sanno questi “simpatici giocherelloni” che tale obbligo è previso, a norma di legge, solo per coloro i quali devono accedere “all’interno” delle strutture sanitarie? Sanno che (invece) i familiari, in quanto appestati, vengono tenuti “all’esterno” a doverosa distanza dall’ingresso delle strutture sanitarie e di quelle ad esse assimilate?
Ho regolarmente completato il booster vaccinale e l’ho esibito in piena pandemia ovunque mi è stato giustamente richiesto. Trovo semplicemente demenziale ‒ mi rendo conto che è un termine fin troppo generoso nei confronti della coppia Cirio&Icardi ‒ che mi venga richiesto di mostrarlo a chi ne è ben a conoscenza, con conseguente inevitabile perdita di tempo da parte mia (e del personale incaricato di verificarlo) e soprattutto con l’effetto, che si ripete puntualmente, della pesante agitazione di una persona autistica come mio figlio, i cui problemi – al pari di quelli di ogni altra persona autistica ‒ sono completamente ignorati da politici impreparati di questo calibro e da corti di funzionari incompetenti.
Se non fossi stato chiaro è come se persone che conoscono perfettamente la mia identità mi chiedessero ogni volta di mostrare il documento di riconoscimento.

Cari Cirio e Icardi non vi sembra ridicolo tutto questo? Non vi fa effetto essere così patetici? Temo di no. Perché?

Perché avete ampiamente superato il senso del ridicolo! Naturalmente non escludo affatto che in questo eterno e patetico gioco del cerino, tipicamente italiano, i personaggi richiamati scarichino le proprie responsabilità sul ministro Speranza (che per inciso giudico altrettanto incapace come tutto il governo degli ex migliori). Le regioni sono bravissime a rivendicare la “loro” autonomia quando in gioco ci sono i “loro” interessi, negli altri casi delegano allo Stato…
È oltremodo frustrante trovarsi di fronte a questa banda di inetti che rendono ancora più difficile la vita di genitori già duramente provati ogni giorno da mille difficoltà. Genitori abbandonati a sé stessi, di cui ci si ricorda, ovviamente, solo alla viglia di elezioni in cui in ballo ci sono clientele e poltrone.
Questi (stra)parlano di fragilità dei nostri figli, nonostante abbiano solo 20, 30, 40 anni… I veri fragili sono proprio le persone ai vertici delle istituzioni. Fragili, anzi fragilissimi ‒ come la vicenda dimostra ‒ soprattutto dal punto di vista cognitivo (ben al disotto dei nostri figli)! Dopo avere sfasciato la sanità completano l’opera con questi provvedimenti farlocchi che si possono spiegare solo in quanto opera di poveretti o, se si preferisce, di dilettanti allo sbaraglio.

Gianfranco Vitale è nato a Catanzaro il 7 agosto 1949. Dopo essersi laureato in Scienze Politiche all’università di Roma si è trasferito a Torino dove, a partire dal 1976, ha iniziato l’attività di docente di scuola media superiore. E’ padre di un uomo autistico inserito in una residenza sanitaria per disabili. È autore dei libri “Mio figlio è autistico” e “L’identità invisibile. Essere autistico, essere adulto”.