“Dalla memoria alla Storia – Esperienze di viaggio nel passato”, di Salvatore Tripodi

“Dalla memoria alla Storia – Esperienze di viaggio nel passato”, di Salvatore Tripodi

EDIZIONI MILLE

172 pagine

COD: ISBN 978-88-87780-863

Il viaggio tra storia e memoria raccoglie anni di progettazione di­dattica, cultura e amore per la storia, luoghi della memoria da Torino ai santuari dell’umano dolore, i lager e i campi di sterminio nazisti che l’autore ha raccolto con certosina capacità di fare ordine e chia­rezza nei ricordi di una vita di docente anche e soprattutto attraverso la relazione con gli amici, i colleghi, gli studenti. Percorsi didattici ed esperienze educative, la ricerca del metodo storico come sigillo di una esperienza mai elitaria ed accademica ma come prassi propedeu­tica per un senso civico e civile fondamentali per una co­munità de­mocratica sono il mantra di Tripodi, con il suo coraggio, la sua pas­sione e la sua simpatia. Ebbi la fortuna e l’onore nel 2011 di parteci­pare ad uno dei viaggi del Treno della memoria con Salvatore Tripo­di. Da quel momento è iniziata un’amicizia che dura ancora oggi.

Il mito della civiltà contemporanea fa risalire l’inizio del meravi­glioso progresso umano alla scoperta dell’agricoltura. Gli uomini avreb­bero inventato l’agricoltura per far fronte alla crescita della popola­zione e, così facendo, divennero sedentari e costruirono vil­laggi e poi città… Parlare di storia, alimentare la memoria del passa­to per comprendere il presente e costruire il futuro è la cifra profon­da e saggia del presente volume di Salvatore Tripodi.

Insegnante, cittadino attivo, sindacalista, formatore, viaggiatore e soprattutto amico ha raccolto una vita, la sua, che mai è stata caratte­rizzata dall’io personale e solitario, ma sempre dal noi plurale e aper­to. Tutto parte da un bellissimo titolo che esprime quasi un deside­rio che mai potrà essere compiutamente esaudito, “visitare” il passa­to.

Oltre la polarità ma in una logica nuova di dialogo per spezzare la logica della contrapposizione memoria-oblio, Tripodi con le testimo­nianze degli eroi della Resistenza nei lager a confronto con le giovani generazioni compie un miracolo civico di restituzione di libertà, de­mocrazia e dignità alla storia, anche nei passaggi tragici del Nove­cento.

Siamo dunque alla presenza di un racconto di racconti, una rac­colta di esperienze e di vite e volti che va ben oltre le distorsioni sem­pre più accelerate della temporalità, in cui un più radicale ossimoro tra una memoria quella tardo moderna avvertita come “debole” in­termittente, svuotata dei suoi contenuti identitari, è disegnata piutto­sto sulle superfici effimere di una comunicazione elusiva e per defi­nizione mutante.

Nel volume in maniera forse inconsapevole ma autentica si de­nuncia e si supera in modo radicale una memoria espansa alla sua massima potenza, pervasiva e debordante come “una virtù ipertrofi­ca” (l’espressione già ricordata all’inizio è dello storico Charles Ma­ier). Essa è realtà oppressa da una tendenza negativa che tende a mu­sealizzare in modo amorale, a perpetuare una pratica commemorati­va narcisisticamente compiaciuta e auto indulgente: una tenden­za, insomma morbosa alla canonizzazione liturgica della memoria, spe­cie nelle pieghe più tragiche della evoluzione della ci­viltà umana.

Proprio su un tema in cui il silenzio e la condanna eterna sarebbe­ro i significati teleologici più evidenti nel saggio di Salvatore Tripodi si pone attenzione nei diari di viaggi ad Auschwitz che per tanti anni (scolastici) ha seguito con la passione civica e morale di un maestro, l’ascolto dei giovani e delle loro coscienze. Più ci si allontana da quel tempo e i testimoni diretti scompaiono più difficile è distinguere lo stermino del nazismo da altre aberranti stragi della storia dell’umani­tà dall’antichità ad oggi. C’è dunque un rifiuto di una per­versa indu­stria della memoria, come sembrerebbero provare i nume­rosi studi e musei dell’Olocausto soprattutto nel mondo americano impront­ati in taluni casi a una spettacolarizzazione edificante della sofferenz­a.

Al contrario, nei racconti dei diari e nel confronto durante e dopo il viaggio c’è la consapevolezza di costruire coscienze sagge, critiche e li­bere di nuovi testimoni che non hanno vissuto ma hanno ascoltato i testimoni di quel tempo e visto le tracce della barbarie umana. Non dunque un “eccesso di memoria” ripiegato patologicamente su se stessa, segno della caduta di un progetto di futuro, un ritirarsi, rassegnato e spento, dall’agire politico, ma un memento, una presa di coscienza profonda, che tocca le viscere dell’essere uomini per il bene e contrapporsi al male che è sempre presente e in potenza ancora in ipotesi devastante come allora.

Giovanni Pistoi scrive  a Salvatore Tripodi

Gent.mo Prof. Tripodi,

due parole soltanto: una per scusarmi, l’altra per ringraziarla. La morte improvvisa di un carissimo amico mi aveva impedito di partecipare alla presentazione della sua ultima pubblicazione. Un successivo accavallarsi di altri problemi non mi ha consentito di scendere a Torino dalla mia sorella Chiara che è riuscita a farmi pervenire il suo prezioso libro soltanto domenica scorsa. Ho così finalmente potuto leggere queste “esperienze di viaggio nel passato” (dalla memoria alla storia) con tutta l’attenzione e il rispetto che meritano.

Grazie davvero per questo dono di intelligenza.

La memoria non serve solo  a conservare lo spessore di eventi passati. È dovere di tutti tenere vivo con ogni mezzo, soprattutto nelle nuove generazioni che non hanno più nessuna memoria nè diretta nè raccontata, l’interesse e la partecipazione alla difesa di valori autentici (come quelli che ad esempio ispirarono la Resistenza) affinchè certi orrori verificatisi in passato non si ripetano più; valori primari da difendere, primo fra tutti quello di una libertà che persegua la giustizia, la solidarietà, la fratellanza, la pace… per continuare a credere che un mondo diverso, più onesto, più pulito, sia ancora possibile; un mondo in cui il nemico comune sia ancora una volta l’egoismo, la corruzione, la sporcizia, la violenza del troppo denaro, l’arroganza del più forte; un mondo dove la solidarietà autentica, l’amicizia e, soprattutto, la dignità e il rispetto di ogni uomo prevalgano davvero e finalmente sui vincoli di qualsivoglia appartenenza. Per questo, solo per questo, ricordare rimane un dovere.

Caro Professore, il libro dimostra ampiamente quanto i suoi ex allievi/allieve (i “nuovi testimoni”) abbiano tratto beneficio dalla sua esperienza educativa arricchita in anni di progettazioni didattiche. Non mi resta che complimentarmi per il suo grande lavoro augurandole ogni bene. Con un solo rammarico: non aver avuto, il sottoscritto, quando più di cinquant’anni fa era ancora giovane studente, un insegnante di storia come Lei.

Con stima,

Giovanni Pistoi

Ennio Pistoi

dal libro “Dalla memoria alla Storia – Esperienze di viaggio nel passato”, di Salvatore Tripodi pagg. 36-37

Ennio Pistoi nasce a Roma il 20 maggio 1920 da una famiglia di origi­ni toscane. Suo padre Silvio, ferroviere, nel 1927 per motivi di lavoro si trasferisce a Torino con la moglie Concetta e i figli Luciano1, Mario e Ennio. Quest’ultimo è ufficiale di complemento prima a Trieste e successivamente in Croazia; nel settembre del 1942 prende parte alla spedizione in Russia. Riesce a sopravvivere alla drammatica ritirata del Don e di conseguenza viene rimpatriato il 15 giugno 1943.

Dopo l’8 settembre del ‘43 sceglie di partecipare all’organizzazione della prima formazione partigiana Valle di Lanzo. Il 19 settembre 1944 rientra a Torino con una formazione autonoma, insieme ad altri quat­tro uomini libera, senza alcun spargimento di sangue, 148 detenuti nel Carcere Giudiziario Militare di via Ormea destinati alla deporta­zione in Germania2. La sua attività nella Resistenza continua all’in­terno del SIMNI (Servizio Informazioni Militari del Nord Italia) dove ricopre vari incarichi di comando occupandosi principalmente della rete informativa clandestina radiofonica. A causa della sua attività antifascista viene arrestato tre volte. La prima subito dopo l’attacco al Carcere Militare: rimane nel quarto braccio del Carcere Le Nuove di Torino, nel reparto destinato ai prigionieri politici, fino al 25 dicem­bre 1944. Tre giorni dopo vie­ne cattura­to dal­la Deci­ma Mas e trattenuto pres­so la ca­serma Monte Grappa fino al 14 genna­io 1945.

Infine l’8 apri­le è arresta­to dalle SS te­desche e co­notto nel famiger­ato primo bra­ccio delle Carceri Le Nuo­ve di Torino. Riesce a evitare fortu­nosamen-te la fucilazione e viene li­berato il 27 aprile.

Dopo la guerra ricopre la carica di segretario torinese e provincia­le della Democrazia Cristiana, ma si ritira dalla politica verso la fine degli Anni Cinquanta. Lavora per oltre venticinque anni come diret­tore commerciale alla Bertello di Borgo San Dalmazzo. Per diversi anni è presidente del Centro Studi Giorgio Catti e dell’Associazione Partigia­ni Cristiani, sezione provinciale di Torino, e dedica il suo tem­po libe­ro a testimoniare i valori ideali della Resistenza, in particolare ai più giovani, incontrandoli nelle scuole e nei luoghi della memoria. I suoi racconti di vita sono stati raccolti in un libro3. Muore a Torino il 5 febbraio 2009.

1. Luciano Pistoi (Roma 1927- S. Maria Novella,1995). Militante del PCI, ar­restato per volantinaggio nel 1944, partecipa alla Resistenza. Nel dopoguerra la­vora nella redazione de l’Unità (quotidiano comunista) e diviene famoso critico d’arte e gallerista di primo piano.2. Una targa posta in via Ormea il 18 novembre 2015 ricorda l’episodio che vide Ennio Pistoi protagonista.

3. E. Pistoi, Nonno Ennio racconta – Perché parlare di Resistenza ai giovani, Ed. L’Arciere, 1997.