Il giusto (e gli sbagliati) di Piergiorgio Longato
Il giusto (e gli sbagliati)
Il volto emaciato,
sofferto, tirato,
gli occhi che celano
dolori alleviati
di corpi trafitti
da insani deliri
di pieno dominio
(globale, mondiale).
Su monti deserti,
tra riarse pianure,
contrade remote
in paesi lontani
si stagliano bianchi,
accoglienti e sicuri
presìdi di vita,
rifugi di pace
che un “dottor cortese”
con altri sodali
dal nulla e per niente
a dimora portò.
Squallidi sepolcri
da sempre imbiancati
si straccian le vesti
fingendo dolore
di fronte alla salma
del giusto che in vita
si è speso -indefesso –
per porre rimedio
ai guasti prodotti
dall’orrido export
di umani diritti
con bombe e cannoni
(contractors e droni)!
Visioni tremende
di membra disperse,
di corpi straziati,
di campi sconvolti,
di occhi sbarrati,
di menti atterrite,
di folli terrori,
d’inconsci alterati,
di scoppi assassini,
di miasmi mortali,
di deflagrazioni,
di ferri infuocati.
Visioni che il giusto
ha spesso illustrato
in scuole, giornali
e interviste in tv
fin dall’apparire
– un velo squarciato –
di righe tremende,
pazzesche e reali
in cui si racconta
che in lindi locali
nettati di fresco
ingegni “normali” (???)
progettano calmi
ordigni di morte
(ma sembrano giochi):
volatili verdi
che appena li tocchi
ti esplodono addosso
e strappano mani,
poltiglia le dita,
accecano sguardi,
deturpano volti,
azzoppano passi,
azzerano vite
di freschi virgulti
privati di un dopo
che fuggon lontano
chiedendo(si) : PERCHE’?
Neppure di fronte
a tali misfatti
i tristi figuri
si lascian sfuggire
un moto sincero
di umana pietà.
Sepolcri imbiancati!
Rétori ipocriti
capaci soltanto
di vuote parole,
d’inutili, tronfi
proclami fallaci.
Neppure la vista
di genti disperse
private del pane
ne scuote il torpore.
Neppure la vista
di viaggi mortali,
cammini sfinenti,
strazianti odissee.
Neppure la vista
dei pugni sferrati
da mani legali
guantate di bianco
– galloni cuciti
in marziali divise –
che picchiano duro
straccioni e pezzenti
di pelle brunita
che ostinatamente
si accalcano sordi
ai colpi e alle grida
dei cani da guardia,
feroci e solerti,
del laido fortino
avaro e razzista.
Fortino guarnito
di mura in cemento,
torrette di guardia,
elettrici fili e …
zelanti navigli
che solcano flutti
cercando barconi
ricolmi di vite
sovente inghiottite
da onde impetuose
che spezzano sogni,
speranze, progetti.
Fortino guarnito
di carte bollate,
con tanto di firme
di capi e ministri
che rendono legge
scrollarsi di dosso
chi chiede straziato
di essere accolto
e non rigettato
nel buio del pozzo
da cui è fuggito
per rimaner vivo.
Il giusto non muore.
Rimane scolpito
nei tempi e nei luoghi
l’intento essenziale:
“Curiamo persone
– gratuitamente –
ferite da mine,
conflitti e indigenza”.
Piergiorgio Longato è tra i soci fondatori di “Volere la luna”, fino all’anno scorso responsabile di una Biblioteca civica nell’area metropolitana torinese. Dagli anni ’70 del secolo scorso impegnato nelle lotte ambientaliste, antinucleari e pacifiste.