La storia di via Trivero

Che cosa c’è in via Trivero?

Molti anni fa, quando la sinistra era soprattutto il Pci, con le sue diverse anime, in quella breve via in quartiere Parella, a fianco del parco della Pellerina, aveva sede la “mitica” 39^ sezione, quella più eretica e ribelle nell’eretica Torino. La sua origine risale ai primissimi anni ’50 – agli “anni duri” – quando un gruppo di ex partigiani e di simpatizzanti comunisti “si mise in società per acquistare un piccolo terreno su cui fondare un circolo o una sede distaccata del partito”, sotto la guida di un dirigente storico, Dino Rebbio, anche lui partigiano e comunista.

Lo ricorda Vincenzo Reda, in un articolo sulle Viti torinesi monumentali, perché lì c’era (e c’è tuttora) uno dei pergolati più belli di Torino, circa 200 metri quadri di verde e di grappoli di uva fragola. Sul terreno acquistato quei militanti costruirono, col proprio lavoro e i propri mezzi, una palazzina a due piani, con al pianterreno un bancone da bar, un ampio capannone con una cucina, il tutto fatto ad opera d’arte, con buone finiture e impianti di riscaldamento ed elettrico. Lì si tennero storiche assemblee, convegni, feste e pranzi sociali, proiezione cinematografiche e rappresentazioni teatrali, presentazioni di libri e conferenze, fino al 1989, quando il Partito cambiò nome e loro, ribelli ed eretici, rifiutarono di conferire quella loro “proprietà comune” (e comunista) ai liquidatori politici di quell’eredità e di quel partito, e lo avevano donato al Centro Studi Piero Gobetti, presieduto allora da Bianca Guidetti Serra, partigiana e avvocata (che aveva lasciato il Pci nel ’56 dopo il “fatti d’Ungheria” e che aveva difeso in giudizio infinite volte operai licenziati e militanti politici denunciati) nella convinzione che lo spirito con cui avevano costruito quel luogo di socialità e di impegno civile sarebbe stato rispettato.

Dopo di allora lo spazio di via Trivero 16, con il Circolo “Progresso”, associato all’Arci, è stato attivo per alcuni anni, finché le energie degli anziani militanti non si sono esaurite. Poi i locali sono rimasti abbandonati, con un crescente rischio di degrado. Da quest’estate, grazie a un accordo tra il Centro Gobetti e l’associazione Volere la luna, è iniziata l’opera di ricupero, ora arrivata a buon punto.