Noi ripudiamo la guerra, di Alessandra Algostino

Pace e giustiziaè scritto nell’art. 11 della Costituzione. La pace è giusta, non la guerra; nella pace si costruisce un cammino di emancipazione di ciascuno e di tutti. La guerra esprime dominio.
La Costituzione nata dalla Resistenza, nel costruire una democrazia pluralista, conflittuale e sociale, armonicamente, sancisce il principio pacifista, rinnegando e rifiutando il fascismo con la sua violenza, la sua guerra di aggressione, la sopraffazione, la violazione dei diritti, la negazione del conflitto; quel fascismo le cui ombre si estendono sul presente, con il nazionalismo (iconicamente il ministero del made in Italy) coniugato con un neoliberismo senza spinto (un solo esempio, il ministero dell’istruzione e merito), ma con diritti ridotti ai minimi termini (il ministero delle pari opportunità che assume inquietanti riferimenti alla natalità è emblematico…).
Oggi la guerra, con il suo armamentario militarista, la sua violenza, la sua disumanizzazione, i suoi orrori, è tornata prepotentemente in Europa, dopo il conflitto nella ex-Jugoslavia, e dopo essere stata combattuta su vari teatri sparsi per il mondo e sotto vari nomi: operazioni speciali, umanitaria, contro il terrorismo, preventiva. Adesso è la guerra per la difesa dei valori occidentali, della democrazia contro l’autocrazia, mentre – per inciso – continuiamo a stringere accordi con altri autocrati per esternalizzare le frontiere ovvero delocalizzare la tortura e condurre un vero e proprio genocidio dei migranti…
La democrazia è compagna della pace, non della guerra, è la pace il terreno nel quale si può esprimere il conflitto sociale, non la logica identitaria amico-nemico, è la pace il terreno nel quale i diritti vengono garantiti e si possono costruire emancipazione, giustizia sociale e ambientale; la guerra si accompagna alla sopraffazione, a violazioni dei diritti, alla diseguaglianza e al dominio. Scrive Calamandrei: «Totalitarismo e dittatura all’interno significano inesorabilmente nazionalismo e guerra all’esterno», e viceversa, si può aggiungere.
Siamo avvolti in una spirale di estremizzazione che si spinge sino a inserire nell’orizzonte del possibile un suicida olocausto nucleare e una devastante terza guerra mondiale, mentre avanza incontrastata la catastrofe ambientale e le diseguaglianze sociali si fanno sempre più insopportabili. La guerra si sta tragicamente normalizzando, anestetizza il senso di umana indignazione e solidarietà e nello stesso tempo arruola cittadini sempre più narcotizzati da un’informazione semplificatrice e acritica, incapace di ragionare nella prospettiva della complessità, nella sua logica di escalation, di eroica vittoria o resa. La resa è pensare che non ci siano altre vie che il combattimento … fino all’ultimo ucraino. Ci sono altre vie, e sono necessarie e urgenti: il cessate il fuoco, una conferenza di pace, la diplomazia e una soluzione politica. E poi il disarmo… Un sogno? Come diceva Eduardo Galeano, “delirar por un ratito”, per costruire un altro mondo… possibile e necessario. La guerra – lo sottolineo ancora ‒ appartiene alla storia del dominio, dell’oppressione; la pace a quella dell’emancipazione.
Come nel 2003, quando centodieci milioni di persone in tutto il mondo, tre a Roma, hanno reso il movimento pacifista “seconda potenza mondiale”, dobbiamo costruire una forte pressione dal basso. Scriveva Gramsci: i «discordi» sono disposti «in un pulviscolo individuale e disorganico» e una sola forza, controllando gli «organi dell’opinione pubblica: giornali, partiti, parlamento», modella «l’opinione e quindi la volontà politica nazionale». Oggi non siamo pulviscolo, ma una forza organizzata in tante piazze per dire no alla guerra, con gli stessi toni energici con cui si è scelto di ripudiare la guerra: ripudiarla, non condannarla o rinunciare ad essa, perché ripudio è un termine più energico, ha più forza. Oggi siamo qui per ripudiare la guerra, esigere la pace, rivendicando la possibilità di immaginare e costruire un altro futuro possibile, i cui cardini sono ancora quelli della Costituzione nata dalla Resistenza: pace e giustizia.

Alessandra Algostino, docente di Diritto costituzionale nell’Università di Torino, studia da sempre i temi dei diritti fondamentali e delle forme di partecipazione politica e di democrazia diretta con particolare attenzione alla loro concreta attuazione.