Torino privatizza il verde: il caso dell’ex galoppatoio. Di Ettore Choc

Ho letto con interesse l’intervento di Fabio Balocco (https://volerelaluna.it/territori/2022/08/19/torino-eliminare-il-verde/) e la replica dell’Assessore al verde pubblico Tresso (https://volerelaluna.it/territori/2022/08/29/torino-ama-il-verde-parola-di-assessore/) sul progetto relativo all’ex galoppatoio militare, sito in riva al Po, nel parco del Meisino e in pieno parco fluviale del Po.
Scorrendo con attenzione l’intervento dell’Assessore mi sembra di cogliere una notevole genericità nella descrizione del progetto. Si accenna a “interventi di messa in sicurezza che limiterebbero la ricorrenza con cui il sito viene alluvionato”, peraltro il sito è già parzialmente protetto dall’argine che arriva fino alla diga del Pascolo; si fa riferimento a una scheda progettuale “dove viene enfatizzata la possibilità di recuperare infrastrutture sportive, (il galoppatoio, appunto) associando alla pratica sportiva all’aperto il concetto di
educazione ambientale”, lasciando intendere che tra le attività sportive l’ippica dovrebbe avere un posto importante. Si promette poi che “analisi più approfondite porteranno a confermare o meno la fattibilità legata alla realizzazione di impianti atti ad ospitare le diverse discipline sportive”, concedendo alle associazioni naturalistiche e ambientalistiche di pronunciarsi in merito.
Conviene, per chiarirci le idee, ripercorrere brevemente la storia dell’area.
Il galoppatoio militare del Meisino è rimasto in stato di abbandono da molti anni; i fabbricati, per lo più stalle per i cavalli, sono molto fatiscenti; anche il piccolo edificio del posto di guardia ha il tetto rovinato; nel sopralluogo effettuato nella passata sindacatura dalla Commissione Consiliare competente i fabbricati risultano probabilmente contenenti amianto e da abbattere.
Il Ministero della Difesa aveva affidato al Demanio militare l’area; lo stesso lo aveva affittato nel 2014, al prezzo di 1.000 euro per un anno, all’Associazione Green TO, incaricata poi di formulare ipotesi di utilizzo.


L’ipotesi di recupero presentata alla giunta Fassino-Lo Russo (!) prevedeva il recupero e l’utilizzo degli edifici ai fini sportivi, con una spesa intorno ai cinque milioni di euro. Si prospettavano tiro con l’arco, ippica, iniziative per disabili tipo ippoterapia ecc. Nessuno, né l’associazione né il Comune, disponeva di una somma così ingente. Per capire i reali orientamenti degli estensori del progetto, lungo tutto il perimetro dell’ex galoppatoio, circondato da una recinzione, furono affissi numerosi cartelli recanti la scritta “PROPRIETÀ PRIVATA”. Nel 2015 il Demanio militare cedeva gratuitamente l’area, di ben 152.000 metri quadrati, al Comune di Torino.
Cambiata l’Amministrazione, la sindacatura Appendino, abbandonato il progetto di privatizzazione di Green To, procedette alla bonifica e all’abbattimento di tutti gli alberi pericolanti, ad eliminare la recinzione a monte, a spianare i resti dei dossi del vecchio percorso ippico ad ostacoli, a creare infine una pista in terra battuta che ha reso possibile l’apertura al pubblico di una parte significativa dell’area, oggi molto utilizzata in alternativa a via Nietzsche, percorsa dalle automobili. La recinzione è stata spostata a difesa dei fabbricati pericolanti e della parte più vicina al Po, zona di rifugio di animali selvatici e di nidificazione di varie specie di uccelli. È molto probabile che questa parziale apertura ai cittadini sia messa in pericolo dal progetto esposto con linguaggio “burocratese” dall’Assessore al verde pubblico.
Il fatto che il Comune ritenga di poter ottenere un finanziamento di 11,5 milioni non qualifica la bontà del progetto: anche il Ponte sullo stretto ha già ottenuto e speso 950 milioni di euro, ma non è un buon progetto.
Il progetto attuale assomiglia parecchio a quello vecchio sostenuto da Green To. Peraltro anche “il punto di attestamento della ciclovia VenTO-Eurovelo8”, che contribuirebbe a giustificare la notevole spesa, appare quantomeno prematuro. Alcuni amici che sono andati in bicicletta da Torino a Venezia nei giorni scorsi mi hanno confermato che, a parte una traccia GPS su Internet, di questa ciclovia non esiste sul terreno traccia alcuna, soprattutto in Piemonte. Solo in provincia di Mantova il percorso è palinato. Infine sarebbe interessante che l’Amministrazione in carica ci spiegasse che necessità c’è di creare un nuovo maneggio, quasi sicuramente affidato a privati, quando a poche centinaia di metri di distanza dai ruderi del galoppatoio esiste un maneggio di proprietà comunale, il Centro Ippico Meisino, che appare ben avviato, frequentato da giovani, dotato di un parco di decine di cavalli e rispetto al quale il faraonico nuovo progetto
comunale appare almeno in parte come un doppione.
Il rischio che l’area sia privatizzata è reale; inoltre costruire in un parco naturale con zona umida e di nidificazione sembra un cattivo esempio per la cittadinanza. Chiunque ottenga l’appalto de nuovo centro ippico e sportivo cercherà di guadagnare e quindi chiuderà l’area a chi non paga. Sarebbe auspicabile che i responsabili della Giunta Comunale recuperassero una copia, sicuramente presente negli archivi, della presa di posizione inviata da 19 associazioni ambientali e comitati di quartiere all’allora sindaca Appendino, all’assessora al verde Giannuzzi, dal titolo: “Ex galoppatoio militare Parco del Meisino. No alla privatizzazione, per un uso pubblico e controllato del parco.”, datata 30 maggio 2017.

Ettore Choc